Domani al Nazareno, sede romana del Partito democratico, ci sarà la direzione dello stesso Pd con i vertici chiamati a decidere come comportarsi nei giorni successivi in Commissione Affari costituzionali al Senato, quando verranno discussi e votati (se non dovessero essere ritirati) i due emendamenti presentati dalla Lega sul terzo mandato per i sindaci dei Comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti e per i presidenti delle Regioni.
Da giorni, all’interno della galassia dem lo scontro è al calor bianco. Francesco Boccia, tra i fedelissimi della segretaria nazionale Elly Schlein, ha usato una metafora con accenti dispregiativi sostenendo che «se salta il limite si trasformano i sindaci in satrapi» senza nessun tipo di garbo nei confronti del primo cittadino di Bari, Antonio Decaro, che anche nella sua veste di presidente dell’Anci ha fatto del terzo mandato una decisa battaglia, insieme con quella per l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio.
E proprio la riforma elettorale potrebbe essere uno dei motivi che spingerebbero il sindaco del capoluogo pugliese a lanciare la corsa verso la segreteria nazionale del Pd se, alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno prossimi, Schlein non dovesse riscuotere un risultato positivo. Una sfida su cui Decaro potrebbe contare, oltre che su una personale sua rete, proprio sui tanti sindaci del Pd tutti concordi nel chiedere il terzo mandato, come ha fatto il primo cittadino di Pesaro, Matteo Ricci, coordinatore dei sindaci dem e molto vicino proprio a Decaro, con cui condivide il direttivo dell’Anci, che prontamente si è appellato alla segretaria chiedendo «una posizione unitaria sull’emendamento da parte del Pd, perché la dichiarazione di Boccia non è in nome del partito».
Domani, quindi, si annuncia battaglia, anche se l’ordine del giorno di convocazione recita “valutazione della situazione politica e congresso del partito socialista europeo del 1 e 2 marzo”. La miccia del terzo mandato, però, potrebbe essere disinnescata se in queste ore le forze moderate democratiche saranno in grado di trovare una soluzione condivisa che al momento sembra lontana. Anche perché, se il Pd dovesse dire sì all’abolizione del limite dei due incarichi consecutivi per sindaci e governatori, spariglierebbe le carte nel centrodestra, visto che un’eventuale conta in Commissione avrebbe un esito incerto e farebbe partire lo scouting tra quanti potrebbero prendere a pretesto l’accapo per mandare sotto l’esecutivo.
Intanto, prima della discussione sul prolungamento dei sindaci, nella stessa Commissione, a partire da martedì, si discuterà della riforma costituzionale per il premierato, la cosiddetta “madre di tutte le riforme” come l’ha definita la premier Giorgia Meloni, e anche del voto ai fuori sede, ovvero la possibilità di esercitare il diritto in una regione diversa da quella di residenza se si vive per motivi di lavoro o di studio, ma non si è trasferito il domicilio legale. Mentre alla Camera negli stessi giorni prende il via l’iter per l’approvazione dell’autonomia differenziata, dopo il sì del Senato.