Gli episodi violenti nelle scuole di cui stiamo leggendo giornalmente rimandano ad un’emergenza educativa che non possiamo assolutamente trascurare. L’interesse della comunità scientifica sul tema è altissimo. Nel mese di ottobre, l’anno scorso, abbiamo partecipato come team di ricerca alla nona conferenza mondiale sulla violenza scolastica, organizzata a Siviglia. Questo ci fa comprendere quanto il tema sia, appunto, attenzionato dalla comunità di ricercatori e studiosi di tutto il mondo.
La violenza giovanile assume diverse forme, e avviene sia dentro che fuori dalle aule scolastiche: anche per questo motivo si tratta di un fenomeno complesso, che ovviamente richiede non una, ma più risposte in base alle situazioni, ai singoli individui coinvolti e al loro vissuto personale e culturale. Per quanto riguarda i ragazzi e le ragazze, il fenomeno più comune è senza dubbio il bullismo. Anche qui si parla però di un fenomeno complesso, che non si limita alle aggressioni fisiche o verbali. Nelle sue forme virtuali, che identifichiamo con il termine cyberbullismo, questo genere di violenza assume diverse configurazioni, che vanno dalle minacce verbali all’esclusione dai gruppi online o alla divulgazione non consensuale di materiale sensibile privato. Differenza sostanziale con il bullismo, per così dire, “tradizionale” è che il cyberbullismo, purtroppo, segue la vittima sin nella sua sfera privata, superando i confini fisici delle mura scolastiche. Lo scorso 6 febbraio c’è stata la ricorrenza del “Safer Internet Day”, una giornata internazionale di sensibilizzazione sui rischi di Internet, istituita vent’anni fa dall’Unione Europea.
La violenza agita su internet, però, è solo un’appendice, un prolungamento, se vogliamo, di quello che si verifica o che può verificarsi dal vivo tra i banchi di scuola. Grazie alle narrazioni dei media abbiamo una cronaca costante al riguardo: casi di aggressioni tra pari, di aggressioni agite nei confronti di docenti, addirittura, o di minacce verbali e scritte; ancora, altro drammatico dato è quello relativo alle violenze sessuali ai danni di giovanissime da parte di giovanissimi. Il quadro che emerge è preoccupante, ma le soluzioni ci sono, e hanno sede nei processi educativi.
Questa violenza nelle scuole, o giovanile più in generale, sembra un fenomeno dilagante e incontrollato; in realtà, possiamo provare ad arginarlo o, meglio, a prevenirlo. Come? Strutturando interventi di educazione emozionale, fin dalla scuola primaria; arginando le disparità e le disuguaglianze di carattere socio-economico, che spesso sono alla radice di alcune dinamiche violente tra pari; implementare la rete con le famiglie, in collaborazione con le istituzioni e i servizi del terzo settore; promuovere una filosofia dell’inclusione, che sia intersezionale e tenga in considerazione ogni logica potenzialmente escludente.
Giusi Antonia Toto è professoressa ordinaria di didattica e pedagogia speciale all’Università degli studi di Foggia
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