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Pista Porsche a Nardò, gli ambientalisti fanno ricorso al Tar. Ntc si difende: «Solo un ammodernamento»

È arrivata a stretto giro la replica di Nardò Technical Center alle dichiarazioni fatte in martedì dall’associazione Italia Nostra riguardo l’ampliamento della pista Porsche di Nardò. L’azienda proprietaria di uno dei centri collaudi più famosi d’Italia ha preso atto «del ricorso presentato presso il Tribunale amministrativo regionale della Puglia» e resta in attesa del «pronunciamento…
Il Nardò Technical Center gestito da Porsche Engeneering

È arrivata a stretto giro la replica di Nardò Technical Center alle dichiarazioni fatte in martedì dall’associazione Italia Nostra riguardo l’ampliamento della pista Porsche di Nardò. L’azienda proprietaria di uno dei centri collaudi più famosi d’Italia ha preso atto «del ricorso presentato presso il Tribunale amministrativo regionale della Puglia» e resta in attesa del «pronunciamento dei giudici amministrativi, confidando che verrà riconosciuta le legittimità della procedura autorizzativa del suo piano di sviluppo. Ntc – aggiungono dall’azienda – conferma l’impegno del nel progetto di sviluppo, rimanendo aperta al dialogo e alla trasparenza».

Al centro della questione, come si diceva, l’ampliamento della pista Porche di Nardò, contro cui si è scagliata la sezione Sud-Salento di Italia Nostra, associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale, che lo scorso 22 gennaio ha presentato, insieme al Gruppo di intervento Giuridico e al Comitato “Custodi del bosco d’Arneo”, un ricorso al Tar della Puglia contro la delibera della Giunta regionale e il decreto del presidente Emiliano che hanno approvato l’Accordo di programma per la realizzazione del piano di sviluppo industriale di Ntc. «Non si tratta di un ampliamento, ma di un ammodernamento che avverrà nel perimetro di proprietà già di Ntc, che non viene quindi allargato» chiariscono fonti interne a Nardò Techinal Center.

«La vicenda del progetto di ampliamento della pista Ntc della Porsche di Nardò – dicono da Italia Nostra – è diventata una questione di carattere internazionale visto l’ampio interessamento dei diversi organi di informazione ai diversi livelli e il coinvolgimento della Commissione europea. La nostra attività è finalizzata esclusivamente a difendere il bosco e la macchina dell’Arneo quale parte dell’originaria foresta del Salento, luogo simbolico legato alla storia e alle tradizioni delle comunità locali e inserito, per la sua rilevante valenza ambientale e per la presenza di pseudo-steppa e foreste di leccio “che risultano quasi del tutto scomparsi nel Salento, lo stesso esteso nucleo di lecceta-macchia presenti nella proprietà Ntc costituiscono l’ultimo relitto di questi habitat nel Salento”, come risulta dal progetto di gestione dell’area naturale protetta».

Sul progetto approvato dalla Giunta regionale a luglio 2023, già lo scorso 30 novembre Italia Nostra evidenziò le criticità rilevate nell’audizione presso la V Commissione regionale, le stesse che cinque giorni dopo sono state inviate alla Commissione europea – dopo l’intervento dell’europarlamentare Rosa D’Amato – affinché valutasse la legittimità delle procedure e le valutazioni del progetto Porsche effettuate dalla Regione Puglia. L’associazione tiene però a precisare che «Italia Nostra non è prioritariamente contraria all’ammodernamento dell’impianto, ma al progetto tal quale e alla procedura di deroga sulla salvaguardia dell’habitat adottata dalla Regione in quanto mancherebbero i presupposti necessari giacché l’intervento potrebbe realizzarsi in adiacenza senza intaccare la vegetazione protetta e con minore consumo di suolo». E poi dall’ente regionale non sarebbero stati valutate alcune ipotesi alternative sulle aree confinanti con la proprietà Porsche.

Gli ambientalisti hanno più volte chiesto agli uffici di via Gentile di accedere all’area dell’intervento – per stimare le caratteristiche e la vetustà degli alberi che verrebbero rimossi negli oltre 2 milioni di metri quadri di aree naturali interessate -, ma la Regione avrebbe eluso la richiesta nonostante ripetuti solleciti. A nulla è valsa, inoltre, la petizione lanciata a novembre scorso dal comitato Custodi del Bosco d’Arneo (che mette in discussione la presunta “pubblica utilità” del progetto), con la quale sono state raccolte oltre 40mila firme.

L’ultimo atto è stato il ricorso presentato al Tar, per mano dell’avvocato Filippo Colapinto, da Italia Nostra, Gruppo di intervento giuridico e il comitato Custodi del bosco d’Arneo, secondo cui si tratta «di opera di iniziativa pubblica che comporta un investimento complessivo superiore ad euro 50 milioni, per cui risulta obbligatorio il dibattito pubblico» che, tuttavia, non c’è stato.

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