In principio furono i “furbetti del vaccino”. Poi la grande inchiesta sulla Cardiochirurgia dell’ospedale pediatrico “Giovanni XXIII”, le ispezioni alle Sanitaservice delle Asl pugliesi, il caso delle Rsa prive dei requisiti per l’accreditamento e, infine, i fascicoli dei due direttori generale dell’Asl inviati in Procura a dicembre scorso. Nel mezzo tutta una serie di segnalazioni e ispezioni su problematiche piccole e grandi della sanità pugliese. «Quasi ogni giorno trovo denunce nella cassetta della posta», dice l’avvocato Antonio La Scala, facendo un bilancio dei suoi tre anni come coordinatore del Nucleo ispettivo regionale per la sanità (Nirs). Il mandato scade il 5 febbraio prossimo e lui è convinto che questa avventura sia arrivata al capolinea.
Avvocato, fonti attendibili dicono che qualcuno in Regione la vorrebbe fuori dal Nirs. Cosa ne pensa?
«Non qualcuno, quasi tutti. Qualcosa in più di qualche sensazione mi fa pensare che la mia figura non sia gradita e che non sarò confermato. Mi è stato anche fatto notare che ho troppi impegni. Non ho fatto favori a nessuno. Molte indagini si sono concluse anche con misure cautelari e processi, a dimostrazione che proprio campate in aria non erano, oppure con atti di autotutela della stessa sanità che ha riconosciuto alcuni errori e ha rimediato. Certo, a scadenza di mandato è legittimo cambiare e capisco l’imbarazzo del presidente Emiliano, che pure è stato il nostro più grande stimolatore. Le verifiche sull’Ospedaletto e l’incarico per le ispezioni sulle società in house delle Asl pugliesi vengono da provvedimenti di Giunta».
Fu sempre Emiliano che le chiese di approfondire la segnalazione del parlamentare Lacarra sui “furbetti del vaccino”. Fu accertato che circa 7.900 persone si erano vaccinate senza apparentemente averne diritto. Poi, però, nessuno è stato condannato…
«Fu la nostra prima inchiesta a bruciapelo, che portò a risultati impressionanti perché nel giro di un mese accertammo questa cifra enorme di persone che aveva usufruito del vaccino senza averne diritto e vennero fuori anche nomi famosi. Poi provvedimenti interni alla Regione estesero il diritto e arrivammo al punto che tutti erano legittimati a vaccinarsi. In caso di successione di norme nel tempo vige la regola della norma più favorevole al reo, che può far venir meno l’illecito amministrativo o penale. Ci sono stati circa 500 avvisi di garanzia in tutta la Puglia. La Procura ha approfondito, archiviando dopo sotto il profilo penale. La normativa era farraginosa però l’emanazione di provvedimenti amministrativi successivi legittimò quelle vaccinazioni che ab origine per noi non erano legittime. È stato utile per regolamentare meglio le categorie aventi diritto in un momento storico dove i vaccini si contavano con il contagocce».
Qual è, a suo parere, la principale criticità del sistema sanitario pugliese?
«La carenza di organico amministrativo e medico, soprattutto nei pronto soccorso, e, di conseguenza, le liste d’attesa. Mi chiedo dove vengano spesi i soldi. In tre anni, da questo punto di vista, non è cambiato niente».