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Tari, tariffe in discesa dal 2025. Arera al lavoro dopo la sentenza del Consiglio di Stato

L’agenzia Arera, deputata a fissare gli impianti minimi per chiudere il ciclo e le tariffe della tassa rifiuti, ha emanato una nuova delibera dopo il terremoto causato dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha cancellato il regime precedente introducendo gli aumenti. Questa la novità emersa ieri in quinta Commissione regionale dopo le audizioni richieste…

L’agenzia Arera, deputata a fissare gli impianti minimi per chiudere il ciclo e le tariffe della tassa rifiuti, ha emanato una nuova delibera dopo il terremoto causato dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha cancellato il regime precedente introducendo gli aumenti.

Questa la novità emersa ieri in quinta Commissione regionale dopo le audizioni richieste dai consiglieri Lucia Parchitelli e Maurizio Bruno, ai quali si sono aggiunti Luigi Caroli e Antonio Scalera. Al centro dei lavori l’aumento della Tari nel 2024 per effetto della sentenza dei giudici che ha prodotto un surplus di spesa in capo ai Comuni e, di riflesso sui cittadini, di circa 60 milioni di euro.

Somme che saranno spalmate sulle bollette, arretrati compresi, con una stangata fino al 30% di costo in più per gli utenti. Tuttavia, se per il 2024 la stangata sarà inevitabile, dal 2025 le cose potrebbero cambiare così come hanno riferito il direttore generale di Ager, Angelo Pansini, e il direttore del Dipartimento Ambiente Paolo Garofoli.

L’Arera, in ottemperanza alle sentenze del 6 dicembre, ha emanato una nuova delibera, la 7 del 2024, che su nuove basi reinserisce la disciplina degli impianti minimi: una delibera attualmente allo studio del dipartimento e di Ager che implicherà alcuni aggiustamenti sulle voci di costo e impone un nuovo provvedimento di individuazione degli impianti minimi. «Una buona notizia – hanno evidenziato Parchitelli e Bruno – ma evidentemente non risolve il problema generale degli aumenti della Tari che peserà sui cittadini e in particolare sulle fasce più deboli».

Resta la questione degli adeguamenti tariffari provocati dagli incrementi dell’indice Istat per 2021 e il 2022 (il primo anno del 41 per cento). Né sembra possibile escludere un nuovo contenzioso amministrativo anche sulla nuova delibera. L’incognita resta e con essa la preoccupazione dei consiglieri che chiedono di trovare un modo per trasferire ai comuni risorse per far fronte agli incrementi tariffari.

Un percorso, come ha confermato l’assessora Anna Grazia Maraschio insieme alla struttura tecnica, che si sta già verificando nelle modalità e nei tempi e per come tradurla concretamente in un vantaggio sulla Tari. Parchitelli ha chiesto anche una verifica del Piano regionale dei rifiuti, con una nuova analisi dei flussi e verifica della consistenza impiantistica regionale, per valutare eventuali modifiche.

Caroli ha lamentato l’incoerenza di un sistema di pianificazione del sistema di gestione dei rifiuti che «pur essendo centralizzato e deciso da Ager, finisce per pesare solo sui comuni e sui cittadini». Tema riproposto da Francesco Ventola che ha bocciato il piano regionale dei rifiuti in quanto «scarica sulle comunità il peso della raccolta differenziata e non ha realizzato gli impianti previsti». Garofoli ha spiegato che il numero degli impianti non incide sugli aumenti relativi al triennio passato, in quanto esso dipende esclusivamente dagli adeguamenti Istat, fino al 40%, e dalla quantità di rifiuti inviati agli impianti di trattamento e smaltimento dell’indifferenziato, a causa del mancato decollo della raccolta differenziata soprattutto in alcune città capoluogo (Taranto con un 17% di raccolta differenziata, Foggia con un 27 e Bari sotto il 40).

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