La Procura di Trani ricorre in appello contro la sentenza di primo grado sullo scontro tra treni del 12 luglio 2016 tra Andria e Corato in cui morirono 23 persone e altre 51 rimasero ferite.
Il 15 giugno scorso il Tribunale ha condannato solo due dei 17 imputati, il capostazione di Andria, Vito Piccarreta (a 6 anni e 6 mesi di reclusione), e il capotreno del convoglio Andria-Corato, Nicola Lorizzo (7 anni di reclusione), assolvendo altri 14 imputati e la società Ferrotramviaria imputata per l’illecito amministrativo.
Il Tribunale in sostanza sancì che si trattò solo di un errore umano, mentre la procura sosteneva che il disastro si verificò perché non erano stati fatti adeguati investimenti per l’adeguamento dei sistemi di sicurezza sulla tratta.
Nelle 373 pagine del ricorso, la Procura chiede la riformulazione della sentenza alla Corte di Appello di Bari e spiega che «il Tribunale ha fornito una interpretazione adesiva alla prospettiva difensiva e non aderente invece alle prove».
Fra l’altro, secondo la Procura, «il collegio ha ritenuto che la responsabilità del tragico evento del 12 luglio sia ascrivibile unicamente alla condotta posta in essere da due dipendenti di Ferrotramviaria per desumerne che, poiché “il reato è stato commesso da soggetti dipendenti dell’ente, sottoposti ai poteri di direzione e vigilanza”, gravava sull’accusa l’onere di provare l’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza, anche se l’ente era in ogni caso esente da responsabilità ove avesse dimostrato di avere adottato efficacemente modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire reati della specie di quelli verificatisi».
Il Tribunale «enumera alcune circostanze che dimostrerebbero che non vi è stata inosservanza degli obblighi di direzione e controllo: quanto riportato in questo atto di impugnazione consente di ritenere che in ogni caso vi fu inosservanza dei citati obblighi», prosegue la Procura.
«Il Tribunale da un lato ammette, correttamente, che la sicurezza ferroviaria rientra tra i profili dei quali il datore di lavoro deve occuparsi e dall’altro – evidenzia l’accusa – non desume dalla assenza della previsione di adeguate misure idonee a prevenire il mancato distanziamento dei treni una radicale inadeguatezza sia del documento valutazione rischi che del modello organizzativo, riducendo il dovere di adottare misure efficaci alla mera osservanza di quelli che ritiene essere gli unici obblighi di legge dettati in materia».