È in discussione, vedi bozza di schema di decreto delegato del 16 novembre scorso, la revisione del regime derogatorio sul divieto di nuove prove in appello ossia la possibilità delle nuove prove decisive differite disposte in appello dal giudice.
Ancora, un contenimento della ben nota possibilità di produrre ex sè documenti non conosciuti ovvero nuovi nell’appello tributario – prove necessarie, v. infra, non surrogabili da altre iniziative istruttorie ed in coerenza col principio del contraddittorio, v. art. 111, comma 2 Cost. L’art. 58, comma 2 del DLgs. 546/92 sul quale, v. infra, interviene, con limiti alla produzione di prove in appello, lo schema di decreto delegato, prevede la produzione tardiva di nuovi documenti, verificata la natura cartolare del ns. processo tributario, questo anche con la recente introduzione della testimonianza scritta. Il comma 1 dell’art. 58/546 invece oblitera la produzione di tardiva di nuove prove, disposte dal giudice, le quali devono essere necessarie ed idonee a fornire la dimostrazione dei fatti controversi – in loro difetto impossibile l’accertamento degli stessi – non prodotte prime per causa non imputabile al contribuente.
Con l’ultima espressione sulla scusabilità e non rimproverabilità del motivo alla loro non produzione nel grado precedente, si vuol evitare una surrettizia rigenerazione del giudizio fattuale di I grado, ovvero colmare le negligenze istruttorie delle parti nel primo giudizio – mancata produzione incolpevole nel primo grado di giudizio.
Così su un teste non conosciuto prima del giudizio introduttivo potrà essere chiesta una (nuova) testimonianza scritta. L’ammissibilità delle prove in appello incontra i limiti di cui al comma 1 dell’articolo 58/546, ossia essa dev’essere necessaria ai fini del decidere. Lo stesso profilo testuale utilizzato dal legislatore sulle iniziative ex officio per la testimonianza scritta. Necessarietà sinonimo di indispensabilità, per cui la prova in appello deve avere questa radicalizzazione. È evidente che non saranno disposte nuove prove allorché sulla questione relativa alla prova si sia verificata un interdizione endoprocessuale, v. decadenza e preclusione da “giudicato interno”, o ancora la stessa questione è rimasta riassorbita nel dictum del I giudice e non riproposta dalla parte ex art. 56/546. Permangono importanti differenze tra la normativa processual civilistica e quella tributaria in relazione all’ammissione di nuove prove in appello, essendo la prima più restrittiva, v. artt. 345 cpc. Sulla produzione in appello di nuovi documenti, il comma 2 dell’art. 58 del DLgs. 5467892 oblitera la natura cartolare documentale del ns. processo tributario, per cui è tollerata la loro produzione tardiva riconoscendo ex sè il legislatore la più ampia facoltà di produzione, nel giudizio di appello tributario, di nuovi documenti.
Difatti, deve trattarsi di documenti preesistenti al processo ossia mai esibiti prima, non devono essere sopravvenuti allo stesso ossia formati dopo il giudizio di I grado, o ancora riteniamo quelli “esclusi” dal I giudice perché irritualmente proposti (qualche Autore invece tollera anche l’acquisizione tardiva dei documenti inammissibili ovvero “irrituali” in I grado).
Pertanto, il legislatore con l’adesione del superiore giudice di legittimità, v. recentissima Cass., n. 21.03. 2023 n. 8089, afferma il prefato differimento delle produzioni documentali e dei nuovi documenti già nella disponibilità delle parti con il limite invalicabile del rispetto del principio della domanda, ossia del divieto di nuove domande o nuove eccezioni, v. artt. 57/546, nella misura in cui la norma tributaria (dal contenuto largo) non ripropone la restrizione invece obliterata dalla omologa norma del rito civile, v. art. 345 cpc. È legittimo affermare che il prefato comma 2 finisce per vanificare in parte il comma precedente, reintroducendo de facto nel procedimento gran parte di quei mezzi probatori che sembravano esser stati esclusi.
La riforma in discussione invece riscrive, v. art. 19, comma 1, lett d) ed i primi decreti legislativi, il divieto di produrre nuovi documenti nei gradi successivi al primo, prevedendo nell’ottica del rafforzamento del prefato divieto, l’interdizione al giudice di II grado di fondare la propria decisione su prove che avrebbero potuto essere disposte o acquisite nel giudizio di primo grado restando ferma la possibilità per tale giudice di acquisire prove pretermesse nel primo grado in ragione della provata loro indispensabilità. O ancora in esito alla verificata riferibilità della deficienza istruttoria a motivo non imputabile alla parte appellante. Lo schema di decreto legislativo di attuazione della delega rilasciata al Governo per la riforma fiscale approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri il 16 novembre 2023, in coerenza con le raccomandazioni della legge delega, prevede un allineamento del processo tributario ai principi cardine che governano il processo civile nel cui contesto, non è prevista, osserva supra, la possibilità di produrre nuovi documenti, salvo che la parte non dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di I grado per causa ad essa non imputabile. Per altro, in senso rafforzativo della facoltà de qua, si osserva che, alcune norme tributarie sistemiche stabiliscono l’esclusività della prova documentale, v. l’art. 61 del Dpr 600/73. Dunque la prova documentale è la prova madre nel processo tributario, per cui ogni sua limitazione dell’attività istruttoria in II grado sarebbe limitativa, rilevato che molte delle liti fiscali sono risolvibili sulla base della sola produzione di documenti contemplati dalle norme sostanziali che disciplinano le diverse fattispecie impositive.
Fabio Ciani – Presidente della Commissione Wealth Management – Avvocati Milano