Oggi, 25 novembre, è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e sono già 107 i femminicidi dall’inizio dell’anno. È il caso della studentessa Giulia Cecchettin a fare più rumore in tutto il Paese. La ragazza di 22 anni, studentessa di ingegneria, è stata uccisa dal suo ragazzo coetaneo che non ha accettato la fine della storia. Proprio lo scorso 21 novembre alle 11 di mattina tutte le scuole superiori d’Italia si sono fermate per un minuto di silenzio, che poi silenzio non è stato, a riflettere su quanto è accaduto a Giulia e a tutte le donne vittime di violenza.
«Giulia è stata trovata in una situazione che tutti ci immaginavamo ma che nessuno aveva il coraggio di dire. Tutti abbiamo paura. E mi continuo a chiedere se c’è un modo per evitare che queste situazioni accadono». Sono le parole di Flavio Olivieri studente 21enne di ingegneria a Bari.
Tra cittadini, giovani universitari e liceali, del Poliba e del Flacco, abbiamo ascoltato le voci di uomini e ragazzi coetanei di Giulia per provare a immaginare le azioni più giuste da mettere in campo per sensibilizzare la società civile. Quello che gli uomini “non dicono”.
Cosa pensate dell’educazione sentimentale e l’affettività verso il prossimo?
«L’affettività – spiega Mattia Suma, studente di ingegneria – è un discorso molto complicato e intimo. Spesso i ragazzi che cercano di esprimere i propri sentimenti sono presi in giro. Forse un discorso di consulenza psicologica, magari anonima, potrebbe permettere di liberarsi dal proprio dolore e sfogarsi in modo da evitare lo scoppio emotivo fino a commettere delle pazzie. La storia di Giulia ci tocca in particolar modo perché spesso sono situazioni che ci circondano».
«Nel mio percorso di crescita personale – continua Donato Grimaldi studente di architettura – non c’è stata tanto questa educazione che a posteriori penso sarebbe servita, perché è un aspetto della vita molto delicata. Relazionarsi con le persone non è mai facile. Relazionarsi anche con il sesso opposto non è mai facile. Intraprendere relazioni di qualsiasi tipo e sempre complicato. Penso che il primo passo per avere relazioni sane sia proprio partire dai genitori, se sono un buon esempio da seguire. Molte volte si dice che il rapporto che noi cerchiamo con l’altra persona deriva da quello che noi abbiamo vissuto con i nostri genitori, nel bene e nel male. Vedere anche dei genitori che litigano o sono gelosi l’uno dell’altro sicuramente va ad influire con la nostra personalità. Quindi anche nelle scuole servirebbe uno di quei progetti che parte dalle elementari ed è portato avanti fino al diploma o alla laurea».
Famiglie e scuola ok. Ma cosa devono fare le future generazioni?
«Parlarne. Con amici o familiari. Chi di noi – Grimaldi – non ha mai avuto una relazione che non si è conclusa nel migliore dei modi. Oggi i ragazzi tendono molto a tenersi dentro i propri sentimenti, perché chi li esprime è visto come un debole. Penso che per esporre le proprie difficoltà ci vuole coraggio. E l’ascolto di ragazze e ragazzi è fondamentale. Bisognerebbe creare una comunità che sia più legata e più sensibile ai sentimenti, per una dimostrazione di forza».
Quali azioni per sensibilizzare le nuove generazioni?
«Una manifestazione di soli uomini – spiega Riccardo Semeraro studente di ingegneria – sicuramente potrebbe avere un impatto, questo è poco ma sicuro. Magari si potrebbe sensibilizzare parlando delle conquiste delle donne nella ricerca scientifica. Donne che pur non essendo viste bene dalla comunità continuavano a produrre o ingegnarsi come Marie Curie, un esempio».
«L’impatto maggiore – continua Donato Grimaldi – possiamo darlo noi essendo la generazione che verrà. Queste azioni non nascono così da niente ma ci mettono un po’ per essere messe in atto e ci sono chiari segnali che fanno capire quando intervenire prima del tempo. Se un mio coetaneo avesse dei comportamenti inaspettati proverei a lavorarci su anche personalmente. Parlarci e far capire che una determinata mentalità è sbagliata poiché nessuno è di nessuno ma se noi vogliamo stare con una persona è proprio perché ci completa ma non diventa di nostra proprietà»
Tra le giovani generazioni gli studenti del quinto anno del liceo classico Flacco di Bari
«L’educazione nelle scuole manca. Non se ne parla molto in generale. L’educazione al rispetto anche di genere, rispetto delle donne e tutto quello che ci le circonda. Sicuramente – spiegano – ciò che è stato fatto a Giulia è opera di una persona che ritengo sia una persona che va seguita e che non rappresenta tutto il genere maschile, perché non si può generalizzare dicendo poi che il genere maschile non rispetta le donne. Bisogna cercare di controllare questi singoli avvenimenti e cercare di non farlo diventare un fenomeno. Come però adesso appunto sta succedendo. Alla fine dipende anche da che persona sei e se hai tendenze comunque violente. Quel ragazzo soffriva sicuramente di qualche problema non solo a livello psicologico. Accoltellare la propria ragazza non è una cosa normale. E questi casi non si possono prevedere. Alla fine non devi mai usare la violenza. Tutto però è legato alle insicurezze che magari si hanno, perché se io non accetto la fine di una relazione vuol dire che in un modo o nell’altro sono insicuro. Il modo migliore per superarla è andare avanti, secondo la mia esperienza, che ovviamente è limitata. Il semplice fatto di accettare ci fa diventare una persona migliore senza gravi conseguenze. Penso che fin da piccoli a tutto il genere maschile venga detto che la donna non va toccata neanche con un fiore ma poi uno crescendo… è difficile da spiegare. Ci dovrebbe essere un controllo maggiore sul singolo. Però credo sia difficile da parte dello Stato intercettare l’azione di una singola persona intenzionata ad uccidere. Ognuno si dovrebbe fare un esame di coscienza».
“Prof ognuno di noi è la sintesi delle cinque persone che frequenta”. Io gli ho detto: “Bene ma la cultura vi salverà”
«La prima cosa da fare – spiega Giacinto Lisco, insegnante – è dare l’esempio. Quindi va bene tutti i convegni e tutti i momenti di riflessione però l’educazione anche per le generazioni future avviene con l’esempio quotidiano in casa, nel mondo del lavoro e nei rapporti sociali. Così attraverso l’esempio possiamo dimostrare di credere nella parità ed evitare momenti brutti come quelli che stiamo vivendo in questo momento. E soprattutto scandalizziamoci tutte le volte che sentiamo notizie di questo genere. Esprimiamo il nostro dissenso. I nostri figli devono sconvolgersi con noi, devono parlare con i loro compagni ed evitare che tutto questo continui ad essere un modo di essere. Dopo il minuto di silenzio dedicato a Giulia e a tutte le donne vittime della violenza i ragazzi ne hanno parlato si sono aperti hanno detto tutto quello che potevano dire anche rispetto alla loro vita».
«Noi uomini – conclude Eugenio Martiradonna, cittadino – dobbiamo abituarci ad avere il massimo rispetto per le donne in modo che queste tragedie non avvengano più. Sono un fatto ormai quotidiano non bisogna assuefarsi. Insomma ognuno di noi può fare qualcosa cominciando nel proprio piccolo a rispettare le donne ad essere rispettoso della loro dignità che si esprime in tutte le forme possibili. Credo che sia anche giusto pensare a un intervento che abbia una visibilità Però bisogna partire da una trasformazione da un cambiamento personale e poi sociale»