Nel corso di un giudizio di divorzio il Tribunale di Bari ha emesso, in data 14/06/2022, un’ordinanza affermando un interessante principio secondo il quale, se pure all’udienza presidenziale di divorzio viene confermato provvisoriamente l’assegno di mantenimento (in genere di pari importo a quello di separazione) in favore del coniuge, nel corso del processo e prima della sentenza definitiva, si può proporre una richiesta di modifica con eliminazione o riduzione dell’assegno provvisorio anche sulla sola base di una circostanza nuova sopravvenuta quale è il deposito della sentenza parziale di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Cos’è la sentenza parziale di cessazione degli effetti civili del matrimonio?
Nel corso di un procedimento di divorzio così come di separazione, giacchè le lungaggini procedurali possono portare quel processo a durare anche tre, quattro o cinque anni (con la riforma che entrerà a breve in vigore si avrà una svolta epocale, si spera, con una drastica riduzione dei tempi di durata dei processi ) e c’è, invece, l’interesse delle parti ad ottenere subito una pronuncia sullo status, esse possono sin dalla prima udienza di trattazione (quindi subito dopo l’udienza presidenziale) chiedere che il giudice emetta una sentenza parziale di divorzio, ordinando la prosecuzione del processo per le altre questioni. Da quel momento, infatti, il processo prosegue solo per le altre questioni tra le parti (importo dell’assegno di mantenimento per i figli, esatta determinazione, quantificazione e verifica dei presupposti per il riconoscimento di un assegno divorzile, modalità di frequentazione dei figli ecc.).
Il giudice del divorzio nel caso in esame ha accolto la domanda, evidenziando che la sentenza parziale di divorzio poteva dar seguito al riesame del provvedimento presidenziale che, così come modificato dalla Corte di Appello in sede di suo reclamo, aveva confermato un assegno di mantenimento, peraltro di importo non irrisorio.
Verificando e riesaminando la situazione reddituale delle parti, la capacità lavorativa del coniuge divorziato, la sua età, le condizioni patrimoniali tra cui il valore del beneficio di vivere nella casa assegnata di proprietà dell’altro coniuge in virtù solo del collocamento della prole, eliminava l’assegno provvisorio riconosciuto in prima battuta.
Evidenziava, in particolare, che potevano essere applicati sin da subito i principi delle Sezioni Unite della Cassazione del 2018, in materia di accertamento del diritto del coniuge all’assegno divorzile, anche prima dello svolgimento dell’istruttoria vera e propria e della sentenza definitiva, perché c’erano già elementi sufficienti per poter prendere una posizione sulla questione assegno divorzile.
In particolare, si rilevava che il coniuge che chiedeva di mantenere l’assegno divorzile avesse una capacità lavorativa come libero professionista, immobile di proprietà di potenziale reddito, un’età tale da poter dedicarsi maggiormente al lavoro in quanto più libero dai figli che nel frattempo erano divenuti più grandicelli e, comunque, veniva sgravato dalle modalità di frequentazione dell’altro genitore. Di talchè, applicati i principi e criteri disposti dalle Sezioni Unite nel 2018 sull’assegno divorzile, riteneva che già da subito potesse essere fatta una valutazione circa la sua non debenza ovvero circa la necessità di non riconoscere più questo assegno di mantenimento al coniuge medesimo.
Il provvedimento è particolare: forse rappresenta uno dei pochi casi conosciuti a livello nazionale poiché afferma la possibilità di riproporre una istanza di modifica delle condizioni, non già per fatti nuovi sopravvenuti legati all’aumento o riduzione di reddito o ad altre circostanze, ma solo per un nuovo fatto processuale.
Ovvero che tra i coniugi sia stata dichiarata, pur proseguendo il giudizio, una sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio e quindi sia cambiato il loro stato giuridico. Ne nasce un principio molto importante che però dà adito a diversi dubbi anche interpretativi. Per esempio a questo punto il giudizio di divorzio diventerebbe un ramo morto e quindi la valutazione circa il diritto o meno di godere dell’assegno divorzile acquisterebbe meno efficacia nel momento in cui già da subito c’è stata una prima pronuncia del giudice.
(Pronunzia che nemmeno può essere impugnata trattandosi di provvedimento provvisorio e nemmeno di tipo Presidenziale).
Ma il processo serve per svolgere una istruttoria e verificare se ci sono le condizioni per il riconoscimento dell’assegno divorzile.
Occorre un accertamento sulla durata del matrimonio, sulla circostanza di aver contribuito alla ricchezza dell’altro coniuge e su tutta una serie di altre questioni attinenti la convivenza matrimoniale da provare anche a mezzo prova testimoniale.
D’altro canto non è nemmeno giusto che per tutta la durata di un processo di divorzio debba essere mantenuto un diritto che, sin da subito, può essere eliso dal Tribunale sulla valutazione di circostanze fattuali già immediatamente acquisite.
Vedremo poi se questo orientamento verrà confermato dalla nostra sezione e dagli altri Tribunali italiani.