Il presunto capo dell’organizzazione mafiosa tesseva le trame criminali del territorio pur essendo agli arresti domiciliari: è quanto ritengono gli investigatori che stamattina hanno arrestato, nel Leccese, 37 persone accusate, a vario titolo, di associazione a delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e da guerra nonché di ordigni ad alto potenziale esplosivo, estorsione, danneggiamenti a seguito di incendio. Tutti reati aggravati dal metodo mafioso.
Delle 37 persone arrestate – a Lecce e nei comuni di Carmiano, Veglie, Leverano, Porto Cesareo, Novoli e Monteroni di Lecce – 28 sono finite in carcere e 9 agli arresti domiciliari.
L’operazione è stata condotta dai carabinieri del comando provinciale di Lecce con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia”, del Nucleo cinofili di Bari e del Nucleo elicotteri di Bari-Palese. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo salentino, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.
L’indagine, condotta dai carabinieri della compagnia di Campi Salentina e coordinata dalla Dda, ha avuto inizio a dicembre 2020 ed è durata fino allo scorso giugno.
Il presunto vertice dell’organizzazione controllava il territorio attraverso attentati dinamitardi ed incendiari ai fini estorsivi nonché attività di traffico di sostanze stupefacenti. Durante le indagini sono stati acquisiti elementi investigativi di riscontro su 26 episodi incendiari e dinamitardi nei confronti di esercizi commerciali, auto, cantieri, aziende agricole ed immobili.
Nell’inchiesta anche danneggiamenti mediante colpi d’arma da fuoco ai danni di abitazioni e l’esplosione di ordigni ad alto potenziale, di fattura artigianale, fatti deflagrare all’esterno di alcune strutture ricettive.
In questo modo gli indagati, secondo quanto accertato, si sono imposti sul territorio determinando una condizione di assoggettamento e omertà dei cittadini tanto che, in alcuni casi, non sono state nemmeno presentate denunce.
Sotto inchiesta anche alcune presunte estorsioni ai danni di imprenditori locali operanti in diversi settori merceologici, attuate mediante l’incendio di ben 5 mezzi ai danni di una società salentina che si occupa di pubblicità, mentre ad una ditta edile sono stati bruciati diversi escavatori con danni per centinaia di migliaia di euro.
I riscontri investigativi sono stati suffragati da ben 20 arresti in flagranza di reato, 25 segnalazioni alla Prefettura di Lecce, per uso personale di sostanza stupefacente, il sequestro di oltre 30 chilogrammi di marijuana, 2 chilogrammi di cocaina, 1.5 chilogrammi di hashish e di una coltivazione illegale di cannabis indica, costituita da circa 800 piante, che è stata individuata nell’area rurale di Novoli, armi clandestine e fucili. Sono stati sequestrati anche 20.000 euro circa quale probabile provento dell’attività illecita.
Una nota particolare, a riprova dell’efferatezza e della spregiudicatezza del clan, è rappresentata dal singolare camuffamento di oggetti di quotidiano utilizzo, ad esempio penne, in armi dalla micidiale offensività. Infatti, una penna biro è stata modificata e all’interno è stato realizzato un meccanismo tale da renderla pari ad un’arma comune da sparo. Gli esiti dell’attività investigativa hanno così consentito di definire l’organigramma del sodalizio, il perimetro geografico di influenza, le attività illecite svolte, il ruolo dei sodali, le dinamiche interne ed esterne e, in generale, di delineare tutti i connotati tipici delle associazioni mafiose.