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Il sesso delle piante: «Importante conoscerle per capire noi stessi»

Prendi un romano che ama la Puglia, tanto da eleggerla a sua meta preferenziale per parte delle sue professionalità (quella di paesaggista giardiniere con il suo “Viridarium”, che affianca all’attività di regista, autore, docente e giornalista), aggiungi la sua profonda passione e conoscenza del verde, un bouquet di ospiti autorevoli, una buona dose di verve…

Prendi un romano che ama la Puglia, tanto da eleggerla a sua meta preferenziale per parte delle sue professionalità (quella di paesaggista giardiniere con il suo “Viridarium”, che affianca all’attività di regista, autore, docente e giornalista), aggiungi la sua profonda passione e conoscenza del verde, un bouquet di ospiti autorevoli, una buona dose di verve radiofonica e la trasmissione è servita: nell’ambito di “Vite che non sono la tua” ha debuttato su Radio3 Rai “Green Porn” – storie di sesso vegetale”, un programma in quattro puntate di e con Maury Dattilo. A cura di Paola Tagliolini, regia di Ornella Bellucci, racconta il profondo e antico rapporto tra l’avventura umana e l’immenso sistema vegetale che domina il pianeta per scoprire che noi dipendiamo dalle piante e dai paesaggi che ci ospitano molto più di quanto le piante dipendono da noi. Nella seconda puntata dedicata a “Paesaggio ed erotismo” l’autore ha ospitato la barese Annalisa Metta, professoressa associata di Architettura del Paesaggio dell’Università degli Studi Roma Tre. Il 19 e il 20 febbraio andranno in onda le altre due puntate.

Maury Dattilo, partiamo dal titolo, non è un po’ audace?
«Direi versatile. Ho voluto giocare sul richiamo a una certa pudicizia. La pornografia vera è la cosa più antierotica di questo mondo. Quando parliamo di erotismo, invece, dobbiamo specchiarci nella natura, perché contiene tutte le risposte. La natura noi la forziamo, cerchiamo di combatterla, di possederla, di dominarla, di ridurla a scopi utilitaristici (come fa la pornografia con l’erotismo) ma alla fine è sempre lei che vince su di noi, non solo nella praticità ma anche nella concettualità: è la natura che fa passare dei messaggi sotto traccia».
Per esempio?
«Partiamo da una cosa che pochi sanno: le piante hanno un sesso; e in un momento in cui si parla tanto di fluidità di generi, di pansessualismo (l’attrazione emozionale, romantica e/o sessuale verso una persona senza dare importanza al suo sesso e al suo genere, ndr), bisogna sapere che le piante sono le prime ad averlo sperimentato per la sopravvivenza; inoltre, possono contenere i genitali maschili, o femminili, o entrambi. È estremamente importante conoscere questo mondo per capire noi stessi».
Quindi è una trasmissione educativa?
«Non solo: vuole essere una cassa di risonanza inclusiva ed empatica; l’inclusività vegetale, che non ha nulla di contro-naturale, è esattamente quella che dobbiamo usare nel nostro vivere. La pornografia è antierotica perché toglie la possibilità di scegliere, è tutto predeterminato (il modo di fare sesso, il tipo di bellezza); e la mancanza di libertà e di scelta è la cosa più anaffettiva che esista. Invece la natura, che include tutto, non ha nulla di pornografico; oltretutto, la neurobiologia vegetale ha dimostrato che le piante hanno anche una capacità sensuale: cioè, non vivono solo per sopravvivere, ma anche per creare degli ecosistemi, per stare insieme. Quindi hanno una forma di erotismo, che nella specie umana spesso viene limitata».
Parliamo dell’intervento con la professoressa barese Annalisa Metta: il paesaggio che ruolo ha in tutto questo?
«Autrice di un libro molto interessante, “Il paesaggio è un mostro” (Ed. Derive Approdi), ho voluto ospitarla perché non si può palare di sesso ed erotismo vegetale se non si parla di paesaggio. Con lei abbiamo visto come il paesaggio non è una mera cornice patinata, ma una parte integrante della relazione piante-persone-spazio. Per esempio, se una persona la incontri a Bari e scocca la scintilla, non è detto che lo stesso accada se la incontri a Roma. Il paesaggio è un amante, un attore, una forza inebriante che crea corto-circuiti importantissimi».
A proposito di paesaggi: la sua relazione con quello pugliese?
«Il Sud mi ha sempre affascinato, per motivi di incontri e per la natura, che è difficile, ruvida, quindi con più possibilità creative. In particolare, la Puglia è una zona piatta, una specie di tavolozza su cui si può spaziare e creare paesaggi, e con gli spazi del Salento, le masserie, gli affacci sul mare, per me come giardiniere paesaggista è una bellissima sfida. Mi occupo di divulgazione di cultura del verde e la Puglia è un territorio fertilissimo, luogo di eccellenza per l’incrocio di culture: sicuramente crea delle combustioni artistiche pazzesche. Lavorare con la mano d’opera locale, con le materie prime e la creatività pugliese, mi affascina».

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