(Adnkronos) – Da un’emergenza all’altra. Senza più margini per evitare vittime e danni. Il maltempo lascia ferite sempre più profonde su un territorio che non è in grado di assorbire gli effetti del cambiamento climatico. Oggi è la Toscana in ginocchio ma sono ancora da smaltire le conseguenze dell’alluvione in Emilia Romagna. E ci sono anche i disastri delle Marche, le frane di Ischia e Stromboli, a ricordare che ci sono cause ricorrenti: il dissesto, l’eccesso di cementificazione, la scarsa manutenzione che deriva dalla carenza di investimenti e dall’incuria. Tutti fattori che si possono riscontrare attraverso i dati disponibili.
Piove, molto, e la prima conseguenza è che esondano fiumi e torrenti. La puntualità con cui il Seveso inonda Milano, così come l’alluvione di queste ore a Prato, suggerisce di andare a rileggere un dato significativo, quello che consumo del suolo. Come si legge nell’ultimo rapporto del SNPA, Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, continua a trasformare il territorio nazionale con velocità elevate e crescenti. Nell’ultimo anno, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 76,8 km quadrati, il 10,2% in più del 2021. Si tratta, in media, di più di 21 ettari al giorno, il valore più elevato degli ultimi 11 anni, in cui non si erano mai superati i 20 ettari. La crescita delle superfici artificiali ha interessato 2,4 metri quadrati di suolo ogni secondo ed è stata solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali (che ha riguardato 6 km quadrati, per lo più associati al recupero di aree di cantiere o di altro suolo consumato reversibile), facendo risultare ancora lontano l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto, che, negli ultimi dodici mesi, è invece risultato pari a 70,8 km quadrati.
Quanta porzione del territorio e quante persone sono maggiormente esposte ai rischi legati al maltempo? Secondo gli ultimi dati presentati dall’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in Italia il 5,4% del territorio nazionale ricade in aree potenzialmente allagabili, secondo uno scenario di probabilità/pericolosità elevata e questa percentuale sale al 14% in caso di scenario di probabilità/pericolosità bassa. Nelle aree a pericolosità elevata risiede il 4,1% della popolazione nazionale. Il 7,4% dei comuni italiani ha almeno il 20% della superficie in area allagabile in caso di scenario di probabilità elevata. I fatti di oggi e degli ultimi mesi dimostrano però che la porzione di territorio interessata alle conseguenze estreme del maltempo è diventata molto più estesa e il numero delle persone coinvolte molto più elevato.
Ogni emergenza porta con sé la denuncia rispetto alle poche risorse investite per mettere in sicurezza il territorio o, almeno, per iniziare a provarci. Proprio al dissesto idrogeologico il Pnrr aveva destinato risorse consistenti, 2,49 mld. La nuova versione ‘modificata’ con la revisione degli obiettivi ne ha cancellati però 1,287 mld. E’ arrivata la contestuale rassicurazione che il definanziamento sarebbe stato coperto dal finanziamento in altri programmi. Dovrebbero essere il Piano Nazionale Complementare al Pnrr, che è dotato di circa 30 mld con fondi nazionali, e i fondi UE delle politiche di coesione. Finora, però, non si è avuta notizia di un effettivo rifinanziamento. Dentro o fuori dal Pnrr, quelle risorse restano indispensabili per iniziare ad affrontare un problema che la cronaca di queste ore non fa che confermare come un’emergenza assoluta. (Di Fabio Insenga)