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Europee, Follini: “Italia bipolare, Europa quasi centrista”

(Adnkronos) - "L’Italia è bipolare ma l’Europa lo è molto meno. Essa si annuncia semmai, almeno sulla carta, assai più consociativa e quasi centrista. Quasi come l’Italia di una volta.  Nelle nostre contrade infatti, come raccontano le cronache impietose di questi mesi, lo spazio del centro s’è ridotto al lumicino. In parte per una certa…

(Adnkronos) – “L’Italia è bipolare ma l’Europa lo è molto meno. Essa si annuncia semmai, almeno sulla carta, assai più consociativa e quasi centrista. Quasi come l’Italia di una volta. 

Nelle nostre contrade infatti, come raccontano le cronache impietose di questi mesi, lo spazio del centro s’è ridotto al lumicino. In parte per una certa attitudine al litigio da parte dei suoi esponenti di punta. E in parte, assai di più, per la nettezza con cui destra e sinistra presidiano da ambo i lati lo schema bipolare. Litigando un bel po’ anche tra di loro, s’intende. Ma senza concedere nessuno spazio a combinazioni di maggior fantasia. 

E però, non appena si varca la frontiera e ci si inoltra nelle variegate lande dell’europeismo, questo schema sembra traballare parecchio. Intanto perché in quel caso si voterà con una legge rigorosamente proporzionale, e dunque ogni partito correrà per sé, magari cercando di rubare voti dove si possono rinvenire -e cioè soprattutto dalle parti degli alleati più vicini. Così, è facile immaginare che Meloni e Salvini si contenderanno senza troppa reciproca generosità i voti di destra. E altrettanto faranno Schlein e Conte con i voti di sinistra. Non li vedremo salire sullo stesso palco, né gli uni né gli altri. E sarà già molto se vorranno rispettare il galateo delle alleanze di casa, promettendo di tornare a collaborare il giorno dopo come se niente fosse. 

Ma quel che più conta è il fatto che nel frattempo ognuno di questi partiti ha instaurato in quel di Bruxelles alleanze, strategie e collegamenti che fanno tutti una certa differenza rispetto alle più canoniche dinamiche nazionali. Così, i tre partiti di maggioranza hanno riferimenti diversi nel parlamento europeo. Altrettanto i due principali partiti di sinistra. E perfino i partiti più piccoli che presidiano il centro approdano da quelle parti in due porti separati. E già questo la dice lunga sulla difficoltà di tenere insieme le logiche nazionali e quelle, diciamo così, comunitarie. 

C’è di più. E’ assai probabile, per non dire certo, che all’indomani del voto europeo una parte della maggioranza e una parte dell’opposizione finiranno per trovarsi giocoforza accomunati sotto le bandiere del governo comunitario che verrà. Cosicché, ad esempio, potrà capitare che Meloni e Schlein si scoprano involontariamente alleate in quel di Bruxelles senza minimamente pensare di potersi mai alleare in quel di Roma. Mentre Salvini da un lato e Conte dall’altro sembrano a quanto pare destinati a militare in formazioni che a quanto pare si annunciano fin d’ora di opposizione. A dispetto, anche in questo caso, di collocazioni italiane di tutt’altro segno. 

Il fatto è che non è realisticamente pensabile che in Europa si possa giocare secondo le canoniche regole bipolari. Troppi i paesi, troppi i partiti, troppo difformi gli schemi, i pensieri, gli interessi che si affollano in quell’area. E troppo scarsi i numeri per fare tutto da soli. Così, diventerà pressoché inesorabile la collaborazione tra forze diverse e potenzialmente antagoniste. Popolari, liberali e socialisti governano già insieme, in quel contesto. La loro maggioranza non sarà più tale, forse. Ma una maggioranza che li esclude appare ancora più improbabile. Ai conservatori che non avranno la forza di rovesciare lo schema attuale verrà chiesto assai probabilmente di entrare a farne parte anche loro. Così, un passo alla volta, si finirà per dar vita a una maggioranza larga e assai varia, tale da mettere insieme una quantità di governi, di partiti e di paesi sufficiente a dare un minimo di solidità in più alla costruzione europea. 

Scelta saggia, probabilmente. E obbligata, del resto. Tale però da insinuare qualche perplessità su questo doppio registro che si verrà ad instaurare a quel punto tra le politiche nazionali e quelle europee. In passato era l’Europa la stella polare dei partiti di casa. Ora sembra piuttosto che a Bruxelles ci si trovi un po’ tutti, diciamo così, in libera uscita. E che si finiscano per praticare oltre frontiera quelle formule più fantasiose che vengono precluse dai rigidi canoni cui s’è scelto invece di attenersi nelle più prosaiche contese di casa nostra”.  

(di Marco Follini) 

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