Brindisi si conferma la seconda città italiana per aumento dei prezzi dopo Milano. Una medaglia d’argento condivisa con Alessandria e un incremento dell’inflazione del 7 per cento, con una spesa alimentare più alta su base annua di 1.575 euro.
Un dato quello della città messapica in controtendenza rispetto al dato regionale. Per quanto l’incremento dei prezzi non abbia risparmiato nessuno, infatti, al Tacco d’Italia va la medaglia di bronzo, con un incremento “solo” del 5,4 per cento e una spesa annuale cresciuta di 874 euro. Una conferma che arriva anche dalla stessa analisi dei dati cittadini con Bari quint’ultima nella classifica dei rincari, con un aumento del 4,8 per cento.
È quanto si evince dall’ultimo report realizzato dall’Unione Nazionale Consumatori sulla base degli ultimi dati Istat. A non far scendere l’inflazione in maniera netta è soprattutto la nuova impennata dei costi energetici.
Sempre l’Unione Nazionale Consumatori ha calcolato che da giugno 2021, quindi prima dei rialzi scattati a partire da luglio, a settembre 2023, la luce del mercato libero in Italia è rincarata del 109,6% contro il 21,3% del tutelato, più di cinque volte tanto, mentre considerando il primo dato utile del gas rilevato dall’Istat, dicembre 2021, il libero da allora è aumentato del 47,4% contro un calo dell’11,4% del tutelato, un divario di 58,8 punti percentuali.
Anche rispetto ai picchi dei prezzi raggiunti nel dicembre 2022, ora la luce del tutelato è scesa del 52,4%, quella del libero del 45,6%, il gas del tutelato è diminuito del 38,8%, il libero del 37,2%. Infine, anche per i dati tendenziali di settembre 2023 permane il gap, con la luce del tutelato che si abbassa del 27,6% su settembre 2022 contro il -8,7% del libero, e il prezzo del gas che si riduce del 29,8% nel tutelato contro il -5,6% del libero.
L’inevitabile conseguenza è che i consumi non solo non ripartono ma continuano a contrarsi. Secondo la ricostruzione dell’Unc, infatti, il rialzo delle spese, pari a 210 euro al mese rispetto al 2021, è solo un effetto ottico dovuto all’inflazione che nel 2022 è letteralmente decollata, passando, per l’indice Nic, dall’1,9% del 2021 all’8,1%, oltre 4 volte tanto. Insomma, è solo un miraggio. Per quanto riguarda i rincari degli alimentari, scesi leggermente negli ultimi mesi, Coldiretti Puglia rileva una riscoperta della pasta made in Italy che, però, rischia di venire ridimensionata dal taglio dei compensi per gli agricoltori, scesi del 25% rispetto allo scorso anno su un valore di appena 35 centesimi al chilo. Un dato che, come rileva l’associazione di produttori agricoli, va messo a confronto con l’aumento dei prezzi di vendita della pasta, in crescita al dettaglio del 13% nei primi nove mesi di quest’anno.
«In pericolo c’è il futuro di circa duecentomila aziende agricole impegnate a coltivare il grano in Italia che – sottolinea Coldiretti – è prima in Europa e seconda nel mondo nella produzione di grano duro destinato alla pasta con una stima di una produzione attorno ai 3,8 miliardi di chili su 1,3 milioni di ettari che rischiano di essere abbandonati con effetti economici, ambientali e sociali».