Ripiombano nello sconforto i piccoli fornitori ospedalieri pugliesi alle prese con la restituzione del payback su protesi e dispositivi medici. Circa 200 delle 350 piccole aziende pugliesi devono restituire qualcosa come 118 milioni di euro entro il prossimo 31 ottobre. Una cifra insostenibile (si tratta di cartelle fino a tre milioni di euro) che determinerà chiusure di attività e licenziamenti di massa. Il comparto attendeva un salvataggio in extremis da parte del governo Meloni nella manovra di bilancio, ma ad oggi non è arrivato nessun segnale né tanto meno alcuno stanziamento ad hoc per fronteggiare la stangata.
Di qui la disperazione annunciata per una vertenza infinita che si trascina da mesi dopo che il governo Draghi ripristinò nel 2021 l’obbligo in capo alle aziende, fissato con legge nel 2015, di versare le somme impiegate per l’acquisto di protesi, carrozzine ed altri presidi medico sanitari in surplus rispetto tetti di spesa nazionali.
Un’ingiustizia considerando che la programmazione degli acquisti spetta alle regioni, le stazioni appaltanti delle gare peraltro già espletate. Ora le povere imprese sono sottoposte ad un ripiano finanziario forzoso che inizialmente valeva circa due miliardi, di cui 246 milioni in capo alla Puglia, la seconda peggiore regione per sforamento dei tetti di spesa. Successivamente Palazzo Chigi ha alleggerito la stangata stanziando nel decreto bollette circa un miliardo di euro per ridurre la compartecipazione delle aziende sanitarie.
A sostegno delle aziende la sentenza del Tar Lazio che la scorsa estate accolse le istanze cautelari di circa 600 dei 1800 ricorsi presentati da altrettante aziende italiane chiamate a restituire le somme in surplus rispetto ai tetti di spesa del triennio 2015-2018. Un pagamento ritenuto ingiusto ed incostituzionale dai ricorrenti che vinsero il primo round evitando la tagliola dei bollettini di pagamento in scadenza all’epoca a fine luglio. Adesso si torna punto e a capo. Il grido di dolore arriva dall’Aforp, il sindacato dei piccoli fornitori ospedalieri.
«Tra le nostre imprese – sottolinea la presidente Grazia Guida – si coglie forte il disagio e la preoccupazione, per il silenzio quasi assordante dei livelli istituzionali, che dopo la presentazione della legge di bilancio, non si intravede all’orizzonte nessuna ipotesi di soluzione. Le nostre imprese con famiglie e dipendenti stanno vivendo un clima surreale di angosciosa attesa, con gravi conseguenze sul futuro del comparto della sanità e sulla fornitura di Beni e servizi. Molte imprese potrebbero non farcela a resistere sul mercato e chiudere battenti. È arrivato il tempo di prendere decisioni forti, perché il temporeggiare e il continuare a tenere a galla una legge iniqua, ingiusta e vessatoria sta generando malcontento e delusione tra tutte le imprese. Non è tollerabile che si tenga sulla graticola le imprese, le famiglie e i dipendenti e si metta a rischio la tenuta del sistema sanitario nazionale e di quelli regionali. Abbiamo chiesto un incontro ufficiale alla presidente del Consiglio dei ministri onorevole Giorgia Meloni, ma fino ad oggi non abbiamo avuto risposta».
Sanità, più esami in convenzione ma a prezzi stracciati: centri privati in allarme
Di Andreana Illiano17 Novembre 2024