E’ tempo di iscrizione all’università e oramai sempre più nelle famiglie che possono permetterselo (le borse di studio per i più meritevoli coprono ben poco le spese) i ragazzi vanno a studiare fuori città. A riguardo si pongono i problemi dei costi, che sono diventati molto esosi delle stanze universitarie, o degli appartamenti. Negli anni si è implementato il tipo di spesa economica e di impegno da parte dei genitori e nel caso di genitori separati spesso diviene un onere insostenibile.
Trattandosi di una spesa straordinaria, essa deve essere necessariamente concordata tra i genitori.
Per cui se uno dei due non dà il consenso ad affrontare le spese di questo tipo e non ha neanche la capacità economica non potrà poi vedersi impegnato economicamente a sostenere questo costo.
Soprattutto se lo stesso corso universitario può essere svolto nella città di residenza.
Nel caso in cui venga coinvolto un giudice per l’autorizzazione di questa spesa straordinaria la valutazione che farà sarà quella di verificare se quel corso di laurea possa essere svolto anche nella città di residenza e, in questo caso, la spese di studi fuori non è imponibile al genitore che non la condivida
Nel caso in cui i genitori separati concordino nel mandare il figlio a studiare fuori si pone il problema principale che è rappresentato dalla scelta dell’alloggio.
Anche qui deve essere condivisa in quanto gli alloggi possono avere dei costi variabili a seconda che si tratti di una stanza singola-doppia, piuttosto che di un appartamento condiviso o di un collegio universitario.
Il pagamento dell’alloggio si annovera tra le spese straordinarie (e ciò in considerazione della non esiguità della spesa anche se periodica).
Tale sua natura ha come logica conseguenza che il genitore separato debba continuare a pagare sia il mantenimento ordinario mensile, soggetto ad adeguamento istat, sia il mantenimento straordinario costituito da una quota (in genere il 50%, salvo diversa misura stabilita in base a diversi redditi) da dividere con l’altro genitore di alloggio, tasse/libri universitari e costi da e per la sede universitaria. Per non parlare delle altre note spese straordinarie (mediche etc) che certo non si annullano.
L’onere economico è quindi importante.
Si potrà tuttavia usufruire di una detrazione dell’affitto sotto forma di rimborso irpef , con dichiarazione documentata da farsi con il modello 730/2023, fino ad un massimo di 2.633 euro di spesa.
Il rimborso IRPEF spettante è pari al 19 per cento e quindi ammonta ad un massimo di 500 euro circa.
Magra consolazione!
Il figlio, anche se studia fuori sede, continua a conservare la residenza presso il genitore con cui viveva ed al quale, in ragione della minore età o maggiore età con carenza di autonomia economica, era stata assegnata la casa familiare.
Facendo ritorno nei periodi di ferie, festività o pause dallo studio presso tale abitazione, essa mantiene la propria funzione di casa familiare e continuerà ad essere assegnata al genitore sino al raggiungimento della sua autonomia economia.
L’altro genitore dovrà inviare l’assegno di mantenimento ordinario o direttamente al figlio, come può essere già previsto nel provvedimento giudiziario che segua la regola di cui alla norma ma anche nell’accordo di separazione/divorzio, od al genitore convivente.
In aggiunta dovrà versare in via anticipata (non è raro che il proprietario dell’ abitazione o del collegio per studenti chieda l’immediato pagamento anticipato di tutte le mensilità) o a presentazione di documentazione le suddette spese.
A parte questi principi generali si pone anche una problematica non di poco conto.
Il genitore separato non convivente è d’accordo nella scelta di una sede universitaria in altra città e vuole contribuire al pagamento delle spese universitarie e dell’alloggio, nonché ovviamente continuare a versare il mantenimento ordinario stabilito.
Ma si chiede se abbia o meno un diritto di sapere quale impegno economico avrà il genitore convivente.
Se il figlio è fuori città dieci mesi su dodici, esemplificativamente, e quindi ben poco starà nella casa familiare, in quei dieci mesi quanto invierà per il suo mantenimento ordinario il genitore assegnatario della casa familiare?
La legge parla di una contribuzione proporzionale alle proprie sostanze e la giurisprudenza della mancanza di obbligo di rendicontazione.
Come può avere la certezza l’altro genitore che delle somme per il mantenimento vengano inviate al figlio anche dall’altro genitore che continua a vivere nella casa familiare?
Nell’ipotesi in cui il figlio vive fuori sede è quasi normale che entrambi i genitori si autotassino ed inviino direttamente al figlio l’assegno di mantenimento.
Il genitore non separato se invia un certo importo vuole la garanzia, e non ha torto, che anche l’altro genitore mandi un certo importo per evitare che questo figlio venga mantenuto solo dal primo.
Il problema potrebbe essere ridotto alla radice prevedendo, negli accordi od in via giudiziale, un mantenimento diretto del figlio con una somma inviata dal genitore che non convive ed un’altra somma di mantenimento proporzionalmente inferiore (anche a parità di reddito) a carico dell’altro genitore.
Perché proporzionalmente inferiore a parità di reddito? Perché il genitore che sulla carta rimane convivente con il figlio comunque deve assicurare al medesimo quando rientra l’alloggio e quindi quella abitazione deve rimanere a sua disposizione.
Il genitore convivente con il figlio sosterrà per quella casa familiare spese mensili ed annuali (tasse, bollette, manutenzione ordinaria), dovrà anche sostenere le spese di abbigliamento del figlio, qualora l’assegno di mantenimento venga da lui percepito per conto delli studente, oltre al vitto nei periodi di permanenza presso la casa familiare.
Non potrebbe essere obbligato ad inviare al figlio come mantenimento ordinario una somma pari a quello che manda l’altro genitore proprio per questo tipo di suo impegno economico a monte.
E’ anche giusto che il genitore non convivente con il figlio abbia in qualche modo un tipo di controllo ovvero possa comprendere quale somma avrà a disposizione il figlio per le sue esigenze ordinarie fuori sede.
Sono due interessi, quelli dei due genitori in contrasto, da contemperare.
Purtroppo negli anni si sono visti non rari casi giudiziari in cui il genitore convivente e con proprio reddito nulla inviasse al figlio, girandogli semplicemente l’assegno di mantenimento inviato dal genitore non convivente.
L’onere economico quindi veniva caricato in maggiore misura se non quasi esclusiva sul genitore separato.
Mantenere la casa familiare in buono stato non può avere come conseguenza la nulla partecipazione a spese ordinarie del figlio fuori città. Anche perché il costo delle bollette della abitazione è legato al 90% ai consumi del genitore che vive nella abitazione.
Sicuramente sul punto vedremo giurisprudenza che innoverà i vecchi orientamenti!
Cinzia Petitti – Avvocata in Bari, direttore di www.dirittoefamiglia.it