Sono partiti animati dal desiderio di conoscenza e di solidarietà, ritornano con un bagaglio pieno di «emozioni mai provate», come racconta una di loro, Francesca, di 20 anni. È la vicenda di sette giovani baresi che dalla parrocchia di “Sant’Antonio” a Carbonara, sono partiti alla volta dell’Albania. Valona, Tirana, Laç tra le città visitate durante il loro viaggio, fatto, soprattutto di incontri con la «povertà di ieri e di oggi», di attività accanto a bambini orfani e portatori di handicap.
Michele, Marcello, Giovanni, Martina, Francesca, Silvia e Giulia i loro nomi. A guidarli, il loro parroco, don Alfonso Giorgio. «Ho invitato i ragazzi a intraprendere con me questa esperienza – spiega don Alfonso – perché prendessero atto di quella che è la realtà fuori dal loro mondo e conoscessero dal vivo queste situazioni, uscendo dal loro campo ristretto che molto spesso è relativo ai mondo dei social, di internet, dello smartphone». La sfida lanciata da don Alfonso si inserisce nel progetto dell’associazione Quetzal, presieduta da Elsa di Noia. «Questa esperienza – aggiunge di Noia – è stata diversa rispetto alle altre volte, perché abbiamo potuto coinvolgere un gruppo affiatato di giovani, inserendoli in alcune attività che portiamo avanti da anni in Albania».
La maggior parte del viaggio si è concentrata a Valona, dove i ragazzi hanno toccato con mano la delicatezza della vita nell’orfanotrofio gestito da Quetzal. «I bambini non fanno altro che sognare di ricongiungersi con i propri cari, i propri fratelli e le proprie sorelle – racconta Francesca – ed è stato nei loro occhi, mentre li ascoltavo, che ho capito il significato della speranza». Particolarmente toccante la tappa a Scutari, dove i ragazzi della parrocchia di don Alfonso hanno visitato le celle dei 38 martiri d’Albania, rinchiusi durante gli anni della dittatura comunista. «Non mi è mai accaduto di provare emozioni così forti», riflette Francesca, mentre ripercorre la penombra delle stanze, la loro angustia ma anche la forza delle fede che fino all’ultimo giorno ha sostenuto i 38 martiri.
Nel percorso verso Tirana, la carovana della solidarietà si è imbattuto in un campo nomade. «Abbiamo assistito a condizioni di disagio economico estreme – dichiara Michele – ma c’è stato un aspetto che mi rimarrà per sempre nel cuore: un gruppo di bambini giocava entusiasta con quelle poche cose in loro possesso. Un episodio che mi ha fatto capire che la felicità viene dalla piccole cose, ed è questo il grande insegnamento che porterò con me al ritorno a Bari».
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Di Redazione25 Novembre 2024