La lettera, inviata dai sindacati di categoria alle autorità competenti, racconta tutta la stanchezza di medici e infermieri in servizio all’Unità operativa di Medicina penitenziaria nel carcere di Bari. Due pagine di racconto e paura, che potrebbero finire sui tavoli della Procura di Bari.
L’ultimo, in ordine cronologico, il 3 ottobre scorso, quando un medico e un’infermiera sono stati strattonati, sbattuti per terra e minacciati di morte. «Anche in questo evento – scrivono – è stato necessario l’invio dei sanitari coinvolti presso le strutture ospedaliere in regime d’urgenza». Sì, perché “questo evento” segue di soli quattro giorni un precedente molto simile ai danni di altri due medici. «È un’escalation di violenza», lamentano, denunciando la mancanza «di sicurezza presso la casa circondariale di Bari».
E tutto, aggravato dal fatto che gli agenti di polizia penitenziaria in servizio nei vari turni e su diversi piani, cronicamente sottodimensionati, fanno una gran fatica a svolgere il loro lavoro, sottoposti a forti stress psicofisici. «Il personale della UOC di medicina penitenziaria in servizio è inoltre esposto a situazioni di pericolo imprevedibili e che esulano, talvolta, dai compiti della professione sanitaria – denunciano – con conseguenze potenzialmente gravi per l’incolumità fisica e psichica degli operatori, sempre per la grave carenza di sorveglianza da parte del personale deputato alla sicurezza».
Aggiungono: «È consuetudine infatti richiedere l’intervento del personale sanitario nel caso di detenuti violenti e/o in possesso di strumenti lesivi in assenza – accusano – a nostro parere, delle condizioni necessarie per agire in sicurezza». Una situazione, quella del sottodimensionamento in rapporto alle necessità dell’istituto, segnalata più volte dalla stessa direttrice Valeria Pirè al Dap, il Dipartimento di amministrazione penitenziaria e al ministero.
C’è ancora un’altra difficoltà, anch’essa già evidenziata da più attori sulla scena legale, incluso la Camera penale di Bari, ed è quella che attiene all’edilizia: «Tutto ciò si aggiunge all’effettivo disagio correlato alla gravissima indisponibilità di ambienti nei quali svolgere l’attività di elevato spessore sanitario, ordinaria e specialistica, offerta dall’Unità a favore di pazienti detenuti, presenti in gran numero presso l’istituto di Bari, anche grazie all’impegno assunto e assolto dalla Direzione della Asl Bari, fornendo professionisti e strumentazione sanitaria avanzata».
La casa circondariale di Bari è infatti sede di servizio di assistenza intensivo sanitario «ed assolve una mission sanitaria – concludono – ricevendo detenuti con gravi problematiche sanitarie».
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Di Redazione24 Novembre 2024