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Arriva la perizia: «Ciullo fu ucciso». Una simulazione con un manichino conferma la tesi della famiglia

Ivan Ciullo non si sarebbe impiccato ad un albero di ulivo. Ancora una volta i familiari del dj salentino trovato impiccato nel giugno del 2015 nelle campagne di Acquarica del Capo, hanno dimostrato attraverso il proprio perito esperto di criminologia, che il proprio figlio 33enne non si sarebbe suicidato, ma che a quell’albero sarebbe stato…

Ivan Ciullo non si sarebbe impiccato ad un albero di ulivo. Ancora una volta i familiari del dj salentino trovato impiccato nel giugno del 2015 nelle campagne di Acquarica del Capo, hanno dimostrato attraverso il proprio perito esperto di criminologia, che il proprio figlio 33enne non si sarebbe suicidato, ma che a quell’albero sarebbe stato appeso da qualcuno in un secondo momento, dopo l’omicidio.

Il nodo attorno al collo «non risulta serrato e il cavo non è in tensione, quindi non avrebbe potuto esercitare alcuna forza e provocare il conseguente soffocamento». Dunque «l’ecchimosi a forma di x rinvenuta dietro al collo del dj non sarebbe dovuta né ad una fase iniziale nè ad una intermedia di restringimento del nodo del cavo attorno al collo, ma ad altra causa indotta». Lo scrive nella sua relazione il consulente della famiglia, Roberto Lazzari, che ha ricostruito quanto accaduto nel 2015 usando un manichino della stessa altezza e peso di Ivan.

Una simulazione che ha ribadito quanto la famiglia continua a sostenere da anni. Ivan non è morto suicida ma che è stato ucciso da qualcuno che poi avrebbe inscenato l’impiccagione. Anche il padre di Ivan, Sergio Martella, si era avvalso di un perito per dimostrare che alcune lettere delle uniche parole scritte a penna nella lunga lettera di addio per i genitori non rispecchiano la calligrafia di Ivan. Peraltro, a detta dei genitori, il giovane era amante della scrittura ed era solito farlo a penna, soprattutto quando si trattava di lettere e messaggi importanti.

«Mai Ivan avrebbe scritto una lettera del genere al computer», aveva spiegato la madre, Rita Bortone. La ricostruzione analitica dell’evento redatta dal perito Lazzari è confluita in una relazione depositata presso la procura che lo scorso luglio ha modificato l’ipotesi di reato indagando non più per istigazione al suicidio ma per omicidio e iscrivendo nel registro degli indagati anche un musicista con cui Ivan collaborava.

La procura sta inoltre cercando di recuperare tutti i dati contenuti in un hard disk depositato in passato da un precedente consulente tecnico. «La ricostruzione statica è stata effettuata rappresentando in scala 1:1 la scena del crimine. I risultati ottenuti hanno confermato che, confrontando le dimensioni antropometriche del corpo con quelle del cavo (lunghezza totale cavo e distanza tra i nodi) e dello sgabello, entrambe misure certe, si può affermare con molta probabilità che si è trattato di un impiccamento incompleto, ossia che Ivan non si sarebbe lanciato dallo sgabello, né verosimilmente lo avrebbe adoperato per serrare il cavo al ramo».

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