(Adnkronos) – Nuovo capo di accusa per i cosiddetti Pfas, inquinanti ambientali noti per la loro persistenza nell’ambiente e negli organismi viventi incluso l’uomo. Secondo un nuovo studio dell’Università di Padova farebbero aumentare i livelli di colesterolo, e di conseguenza il rischio di infarto. Gli acidi perfluoroacrilici sono sostanze chimiche di sintesi utilizzate principalmente per rendere resistenti ai grassi e all’acqua vari materiali come tessuti, tappeti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, padelle antiaderenti e nella produzione di abbigliamento tecnico.
Pubblicato sulla rivista ‘Toxicology Reports’, lo studio dimostra che nella popolazione residente in zone contaminate la percentuale dei soggetti con elevati livelli di colesterolo nel sangue, nella fascia di età compresa 35 e 75 anni, è più del doppio rispetto alla popolazione generale di controllo (circa 57% contro 22%). Lo studio sperimentale, firmato da Carlo Foresta, già professore ordinario di Endocrinologia dell’ateneo padovano, in collaborazione con Alberto Ferlin, ordinario di Endocrinologia, e Nicola Ferri, ordinario di Farmacologia, ha messo in evidenza il meccanismo attraverso il quale Pfoa e Pfos, i più diffusi composti della famiglia degli Pfas, interferiscono con il processo di assorbimento cellulare del colesterolo dal sangue. In particolare, la ricerca ha dimostrato che queste sostanze interagiscono con la membrana delle cellule del fegato e ostacolano il normale assorbimento di colesterolo, incrementandone quindi i livelli circolanti.
E’ importante notare – sottolinea una nota – che questo effetto sembra sia dovuto a una ridotta plasticità della membrana cellulare, che impedisce la corretta funzionalità di tutti quei meccanismi di captazione del colesterolo. “Questi risultati sono molto importanti – commenta Foresta – perché evidenziano i meccanismi attraverso i quali i Pfas inducono una disfunzione epatica cellulare in grado di giustificare la ipercolesterolemia osservata nella popolazione esposta”, evidenzia l’endocrinologo che ammonisce: “L’abbattimento dei livelli di queste sostanze tanto nell’ambiente quanto nel sangue diventa una priorità non trascurabile per la tutela della salute pubblica. I risultati di questo studio aggiungono un ulteriore tassello al più ampio spettro di manifestazioni cliniche associate all’esposizione ai Pfas e ormai ampiamente riconosciute a livello internazionale”.