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L’impatto dell’intelligenza artificiale sul mercato del lavoro: a rischio il 20% dei pugliesi

Quasi il 20 per cento dei lavoratori pugliesi sarebbe in bilico per effetto della diffusione dell’intelligenza artificiale. È quanto emerge da una stima di Confartigianato, che ha analizzato il grado di esposizione all'Ia sul mercato del lavoro regione per regione. A livello territoriale, la maggiore percentuale di personale a rischio si registra nel centro-nord, con…

Quasi il 20 per cento dei lavoratori pugliesi sarebbe in bilico per effetto della diffusione dell’intelligenza artificiale. È quanto emerge da una stima di Confartigianato, che ha analizzato il grado di esposizione all’Ia sul mercato del lavoro regione per regione.

A livello territoriale, la maggiore percentuale di personale a rischio si registra nel centro-nord, con in testa la Lombardia (35,2% degli occupati assunti nel 2022 più esposti a impatto IA), seguita dal Lazio (32%), Piemonte e Valle d’Aosta (27%), Campania (25,3%), Emilia Romagna (23,8%), Liguria (23,5%). La posizione del tacco d’Italia è dunque tra le meno esposte (19,8%). Ma a tirare il vero sospiro di sollievo è la regione Basilicata, che sulla base dei profili professionali richiesti ottiene la percentuale di rischio più bassa in assoluto: 16,7 per cento. La Puglia risulta invece prima in classifica per numero di imprese che nel 2022 hanno fatto ricorso ad investimenti indirizzati all’utilizzo di big data per cogliere informazioni sui mercati.

Ma quali sarebbero le professioni più instabili? «Le più esposte sono quelle maggiormente qualificate e a contenuto intellettuale e amministrativo, a cominciare dai tecnici dell’informazione e della comunicazione, dirigenti amministrativi e commerciali, specialisti delle scienze commerciali e dell’amministrazione, specialisti in scienze e ingegneria, dirigenti della pubblica amministrazione – spiegano da Confartigianato – mentre tra le attività lavorative a minor rischio vi sono quelle con una componente manuale non standardizzata».

In totale sono 8,4 milioni, pari al 36,2 per cento degli occupati, i lavoratori italiani che vedrebbero sfumare la garanzia del proprio posto di lavoro a causa delle profonde trasformazioni tecnologiche e dell’automazione. Secondo la rilevazione di Confartigianato «l’espansione dell’intelligenza artificiale insidia il 25,4% dei lavoratori in ingresso nelle imprese nel 2022, pari 1,3 milioni di persone. Per le piccole imprese fino 49 addetti la quota è del 22,2%, pari a 729.000 persone».

In Europa stanno messi peggio di noi l’operosa Germania e la Francia – rispettivamente al 43% e al 41,4% di lavoratori in bilico – e il Lussemburgo con addirittura il 59,4%, seguito da Belgio al 48,8% e Svezia al 48%. Da rischio a opportunità, il rapporto di Confartigianato mette anche in evidenza che l’intelligenza artificiale è l’arma che le imprese stanno sfruttando per ottimizzare le proprie attività. In particolare, il 6,9% delle nostre piccole aziende utilizza robot, superando il 4,6% della media europea e, in particolare, doppiando il 3,5% della Germania. Inoltre, il 5,3% delle pmi usa sistemi di intelligenza artificiale e il 13% prevede di effettuare nel prossimo futuro investimenti nell’applicazione dell’Ia. «L’intelligenza artificiale – sottolinea il presidente di Confartigianato Marco Granelli – è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, inimitabili, dei nostri imprenditori. Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare l’anima dei prodotti e dei servizi belli e ben fatti che rendono unico nel mondo il made in Italy».

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