«Noi saremo sicuramente in campo: siamo civici “liberi”, ma non possiamo essere considerati una ruota di scorta». È chiaro il monito rivolto da Alfonso Pisicchio, insegnante e coordinatore regionale di “Senso Civico”, all’intera coalizione di centrosinistra. Che deve porsi chiare priorità per Bari 2024: «Decentramento, urbanistica, cultura».
Professore, nell’incontro con Michele Boccardi è emersa la necessità di riformare la legge elettorale regionale. Quali sono gli aspetti critici di questo testo?
«La legge si è dimostrata un fallimento tecnico, come documentano i numerosi ricorsi. Una norma insita nel testo, infatti, applicava il meccanismo della percentuale non sui voti di lista, ma sui voti dei presidenti. Il che è anomalo, perché i governatori hanno due meccanismi di voto, uno basato sul voto diretto, uno sul voto di lista. Una modalità che non ha convinto e che, nel caso nostro, ha portato all’assegnazione di una percentuale pari al 3,8% mentre il Ministero ci ha assegnato il 4,16%».
Dopo vent’anni di governo in una città come Bari, quali sono i temi che potrebbero rendere il centrosinistra ancora convincente agli occhi degli elettori?
«Il primo tema su cui occorre concentrarsi è il decentramento. A Bari non è mai stato attuato definitivamente, nonostante possa rendere più efficace l’attività degli organi periferici. E questa situazione di stallo ha alimentato spinte autonomistiche. Particolare attenzione merita l’urbanistica, che, nella città più cementificate di Puglia deve tornare a essere solidale e sostenibile, e la programmazione culturale. Sarebbe bello se si mettessero al centro della programmazione le future generazioni».
Forse, più che il centrodestra, la vera minaccia per la sinistra è l’astensionismo.
«Il calo della partecipazione è una piaga che coinvolge l’intero Paese ed è il frutto della mancanza di dialogo nelle città, prive di luoghi di confronto e dove le scelte vengono fatte nelle stanze di chi gestisce il potere locale. Da qui la necessità del civismo, che ha il compito di riportare le scelte ai cittadini, attraverso nuovi spazi di condivisione nelle città. Brevi calcoli ci consentono di dire che né i partiti di centrodestra né quelli di centrosinistra hanno i numeri per governare, il che attesta come ci sia una diversa voglia di partecipazione».
Quale dovrebbe essere il perimetro della coalizione?
«È un aspetto che va affrontato non solo guardando alle sigle e ai nomi, ma anche riflettendo sulla reale disponibilità dei possibili alleati a focalizzarsi su contenuti condivisi. Se penso a Pd e al M5s, per esempio, sarei per l’allargamento totale, ma a oggi non so su quali aspetti ci sia reale convergenza. Noi ci identifichiamo come “civici liberi” e per fine settembre organizzeremo una convention dal titolo “civismo libero”. Sebbene ci identifichiamo nel centrosinistra, e abbiamo iniziato delle interlocuzioni, vogliamo capire prima di tutto quali saranno i temi della coalizione. Vogliamo far comprendere, inoltre, che rappresentiamo un mondo che vuole parlare e dire la sua: non accettiamo che ci si rivolga a noi solo come delle ruote di scorta».
Quale ritiene sia il metodo più efficace per l’individuazione del candidato sindaco?
«Nelle primarie io non ho mai creduto perché non sono state mai regolamentate. Nel tempo, hanno portato più danni che benefici, facendo vincere, grazie a regole non scritte, un candidato, e provocando la dispersione degli altri. Sono dell’avviso che vadano anzitutto identificati i temi del centrosinistra, e poi che occorra scegliere il candidato sindaco valutando, nella rosa delle personalità che si sono dette disponibili a guidare la coalizione, il nome con la storia più vicina agli obiettivi prefissati».
Possiamo considerare Senso Civico in campo?
«Sicuramente sì».