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Mancanza di liquidità delle imprese, l’allarme dell’Ance Bari-Bat: «I cantieri si fermeranno»

Il blocco dei cantieri non è più un rischio, ma una realtà. Lo conferma Beppe Fragrasso, presidente di Ance - associazione nazionale costruttori edili - di Bari e Bat, che delinea lo stato dell’arte nel Barese. «Alcuni sono stati iniziati e poi fermati a causa di mancanza di liquidità altri non sono mai partiti, un…

Il blocco dei cantieri non è più un rischio, ma una realtà.

Lo conferma Beppe Fragrasso, presidente di Ance – associazione nazionale costruttori edili – di Bari e Bat, che delinea lo stato dell’arte nel Barese. «Alcuni sono stati iniziati e poi fermati a causa di mancanza di liquidità altri non sono mai partiti, un capitolo a parte sono i cantieri legati ai bandi pubblici- sottolinea -. Qui il problema è a monte: ci sono parecchie gare che da mesi vanno deserte e tante altre che noi come Ance stiamo segnalando perché vengano ritirate a causa del mancato aggiornamento prezzi del listino secondo il nuovo prezzario della regione Puglia. Fragrasso fa riferimento ai bandi che riguardano diversi comuni su tutto il territorio tra cui Molfetta, ultimo in ordine di tempo, l’Acquedotto Pugliese e il Ministero dei beni culturali. «Come sempre in economia tutto si traduce in prodotto interno lordo», continua il rappresentante, che precisa: «Avevamo un Pil che viaggiava, anche grazie ai bonus edilizi intorno al 5,5 percento adesso siamo a stento al 2,5 con una previsione di Confindustria di arrivare al 2,2 a fine anno, è noto e dimostrato che a fronte di 1 euro speso in edilizia se ne muovono 3, detto ciò è immediato capire il legame strettissimo tra mancanza di liquidità per aziende edili o per committenti e depressione del comparto».

L’allarme lanciato dall’associazione dei costruttori è un caso nazionale e riguarda sia aziende che privati che negli ultimi mesi hanno avviato la procedura della cessione dei crediti con anticipo di cassa e che ancora oggi hanno il cassetto fiscale “pieno” e i conti correnti in rosso. Per dare un’idea della portata economica della manovra, nel solo mese di maggio 2022, sono stati prenotati 30,6 miliardi di euro, oltre 3 miliardi in più rispetto al mese di aprile che si è chiuso con 27,4 miliardi di euro di contributi approvati. Il numero di asseverazioni è, sempre nei trenta giorni, passato da 155.543 a 172.450.

Dal punto di vista delle imprese i numeri parlano chiaro: 33mila sono a rischio fallimento e 150mila i posti di lavoro in bilico nella filiera delle costruzioni, a causa del blocco della cessione dei crediti legati ai bonus edilizi. È l’allarme che lancia Cna – Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa – sulla base dei risultati di una indagine presso circa 2mila imprese che rappresentano un campione altamente rappresentativo dei comparti dell’edilizia, delle costruzioni e dei serramenti. La Confederazione sollecita il governo a «trovare rapidamente una soluzione per disinnescare una bomba economica e sociale, generata da una serie di provvedimenti normativi che hanno alimentato confusione e profonda incertezza».

La Cna stima che i crediti fiscali delle imprese che hanno riconosciuto lo sconto in fattura e non monetizzati attraverso una cessione ammontano a quasi 2,6 miliardi di euro. La consistenza dei crediti bloccati (circa il 15% del totale) sta mettendo in crisi migliaia di imprese. Infatti, oltre 60mila le imprese artigiane si trovano «con un cassetto fiscale pieno di crediti ma senza liquidità e con impatti gravissimi” sottolinea la Cna, rilevando che il 48,6% del campione parla di rischio fallimento mentre il 68,4% prospetta il blocco dei cantieri attivati. Per non essere schiacciate dalla mancata cessione dei crediti – emerge inoltre dall’indagine – quasi un’impresa su due sta pagando in ritardo i fornitori, il 30,6% rinvia tasse e imposte e una su cinque non riesce a pagare i collaboratori. Dall’analisi dei fatturati e della consistenza media dei crediti si evidenzia inoltre che le imprese con giro d’affari di 150mila euro detengono 57mila euro di crediti nel proprio cassetto fiscale (38,2%). Alla crescita del fatturato l’incidenza tende a scendere pur restando rilevante: un’impresa con 750mila euro di ricavi sconta 200mila euro di crediti bloccati. Il 47,2% delle imprese dichiara di non trovare soggetti disposti ad acquisire i crediti mentre il 34,4% lamenta tempi di accettazione dei documenti contrattuali eccessivamente lunghi. Rincara la dose in una recente intervista Federica Brancaccio, che fresca di nomina alla presidenza nazionale Ance ricorda che «non si può fermare il treno in corsa» e precisa i motivi per cui «Governo e istituti di credito devono continuare a dare fiducia al settore. Bisogna mettere sulla bilancia quanto ritorna in termini di Pil oltre che a livello di riqualificazione del patrimonio sia sismico che energetico, attualmente spendiamo tantissimo per i disastri ambientali. Bisogna prolungare la misura, certamente con modi e tempi da definire, ma non fermarsi».

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