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Bce aumenta ancora i tassi, ma è vicina la fine di un ciclo: l’analisi

(Adnkronos) - Una decisione attesa che quindi è una 'non decisione' che lascia il futuro aperto a quasi tutte le possibilità (per un taglio dei tassi bisognerà aspettare il 2024). E' quasi unanime la visione degli analisti dopo la riunione del Consiglio direttivo della Bce che ha ritoccato di 25 punti i tassi di riferimento,…

(Adnkronos) – Una decisione attesa che quindi è una ‘non decisione’ che lascia il futuro aperto a quasi tutte le possibilità (per un taglio dei tassi bisognerà aspettare il 2024). E’ quasi unanime la visione degli analisti dopo la riunione del Consiglio direttivo della Bce che ha ritoccato di 25 punti i tassi di riferimento, portandoli al massimo storico, a un livello toccato solo nel 2001, al debutto dell’euro. Ma questo ciclo, secondo molti analisti, potrebbe ormai essere alla fine. “Sebbene il rialzo odierno dei tassi dello 0,25% fosse ampiamente previsto, i dati recenti fanno pendere la bilancia dei rischi verso un inasprimento minore piuttosto che maggiore dopo la riunione di settembre. Questo sentimento sembra essere condiviso dalla Bce, che ha apportato piccole modifiche alla dichiarazione post-riunione rispetto a quella pubblicata a giugno”. Lo afferma Gurpreet Gill, analista di Goldman Sachs che commenta le decisioni odierne dell’Eurotower ponendo l’accendo sulla modifica di una parola (relativa al fatto che i tassi saranno ‘fissati’ e non più ‘portati’ verso livelli sufficientemente restrittivi). Peraltro, aggiunge “i dati delle indagini PMI hanno sorpreso al ribasso, l’indagine sui prestiti bancari condotta dalla BCE mostra la trasmissione di una politica più restrittiva all’economia reale e l’inflazione sta lentamente ma inesorabilmente superando il suo picco”. 

Da Ig Italia Filippo Diodovich sottolinea come oggi “l’unica sorpresa è stata la decisione di non remunerare (tasso allo 0%) le riserve minime obbligatorie che le banche devono lasciare nelle casse dell’istituto di Francoforte, scelta presa per preservare l’efficacia della politica monetaria. Tale decisione ha avuto un impatto immediato su tutte le banche ma soprattutto su quelle tedesche (Deutsche Bank -3% e Commerzbank -2%)”. 

Come altri osservatori, anche Diodovich osserva che “i toni e la comunicazione in conferenza stampa non sono stati particolarmente da ‘falco’” e per il futuro mantiene “una view restrittiva sulla politica monetaria della BCE. Le pressioni inflazionistiche di fondo rimangono su livelli troppo elevati e ben superiori ai limiti di tolleranza della banca centrale. Ci aspettiamo almeno un ulteriore rialzo del costo del denaro nei meeting del 14 settembre o del 26 ottobre. Anche se è evidente che la comunicazione della Lagarde ha lasciato intendere che una pausa nel ciclo di rialzi dei tassi è molto vicina”.  

Gli fa eco Martina Daga, Junior Macro Economist di AcomeA SGR secondo cui “la lettura del mercato della decisione di oggi è stata sostanzialmente dovish” e nota come “”il cambio di un verbo nel comunicato stampa, da “bring” a “set”, lascia intuire che i tassi possano già essere ad un livello sufficientemente restrittivo. L’approccio per le future decisioni di politica monetaria è ora completamente dipendente dai dati e rimangono aperte tutte le possibilità: continuare ad alzare i tassi, fermarsi o fare una pausa solo temporanea per poi riprendere con i rialzi”. 

Luca Vallarino membro del Comitato Investimenti di IMPact sgr pone invece l’accento sul fattore inflazione ricordando le parole di Ignazio Visco secondo cui “la riduzione sarà ‘più veloce del previsto’ e Francoforte riuscirà a proseguire il percorso disinflazionistico riuscendo comunque a evitare che l’economia entri in recessione. Se così non dovesse avvenire, se l’inflazione, cioè, non dovesse rapidamente scendere verso il 2%, allora, come sostiene il ministro francese Bruno Le Maire, alcuni pensano che piuttosto che pregiudicare la crescita economica, la Banca Centrale dovrebbe optare per modificare il proprio target di stabilità dei prezzi, alzandolo dal 2% al 3%”. 

Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, ritiene comunque che “forse, a differenza di quanto accaduto in passato, la Presidente Lagarde e il suo team cercheranno di tenere le carte coperte, nella speranza che i dati macro in uscita nelle prossime sei settimane forniscano un’indicazione sulla direzione da seguire. Qualsiasi cosa accada a settembre, sembra che il ciclo dei rialzi dei tassi possa giungere al termine e i policymakers dell’UE confidare che il dibattito si sposti rapidamente su quando i tassi inizieranno a scendere”. 

Per Marilyn Watson, di BlackRock, la Bce non potrà non tenere conto che “i recenti dati sull’attività economica, inclusi i dati PMI dell’eurozona e l’indagine IFO sulle imprese tedesche, sono stati deboli e indicano un rallentamento della crescita del PIL reale per la regione nel suo insieme, persino una contrazione alcuni paesi e un settore manifatturiero tedesco in deterioramento”: elementi che potrebbero spingere anche i ‘falchi’ a levare il pedale dall’acceleratore. 

Da Columbia Threadneedle Investments la visione di Dave Chappell è che laddove “l’economia statunitense ha finora superato l’inasprimento delle condizioni finanziarie e il fallimento di qualche banca, sorprendendo molti con la sua resilienza, l’Eurozona è rimasta a stento fuori dalla recessione negli ultimi 9 mesi e le ultime indagini PMI e sulle condizioni del credito suggeriscono che resterà difficile raggiungere una crescita”. E per questo, “nelle prossime riunioni il dibattito si sposterà su quando fare una pausa, piuttosto che su quanti altri rialzi siano probabilmente necessari”.  

Antonella Manganelli, AD e Responsabile Investimenti di Payden & Rygel Italia osserva come con il chiaro e ripetuto riferimento alla dipendenza dai prossimi dati economici per le scelte sui tassi “sembra che le BCE non voglia avere le mani legate per quanto riguarda le prossime decisioni, per evitare possibili speculazioni da parte degli investitori”.  

Il commento più prudente sembra quello di Tomasz Wieladek, Chief European Economist di T. Rowe Price che parla di “una guidance odierna della Bce sostanzialmente neutra: un rialzo a settembre rimane una possibilità plausibile e l’interpretazione dovish del mercato è probabilmente esagerata” e “un’inflazione core CPI superiore alle attese domani e lunedì potrebbe facilmente portare a non scontare più “un atteggiamento dovish percepito” dopo la riunione di oggi. “L’unico altro dato che potrebbe impedire alla Bce di procedere a un rialzo è un aumento della disoccupazione, ma il recente calo della disoccupazione spagnola rende improbabile un suo aumento a breve termine nell’area euro. Continuiamo quindi a ritenere più probabile che i dati siano a favore di un rialzo dei tassi a settembre” conclude Wieladek. 

Sul fronte opposto Nick Chatters, manager di Aegon Asset Management, secondo cui “l’ultimo rialzo è arrivato! Christine Lagarde è stata attenta a nascondere le intenzioni del consiglio direttivo, in modo da non spaventare i mercati, ma con l’inflazione in calo e i dati sull’attività deboli, ci vorrà qualcosa di abbastanza fuori dal coro perché la Bce aumenti ancora a settembre.” 

Tempi lunghi infine per una inversione di marcia: secondo Alvaro Sanmartin, Chief Economist di Amchor “questo potrebbe essere l’ultimo rialzo di questo ciclo da parte della Bce, ma è molto probabile che i tassi impiegheranno un bel po’ di tempo a scendere”. 

(di Massimo Germinario)  

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