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Crescita zero, finito effetto Superbonus: cosa dicono i numeri di Bankitalia

(Adnkronos) - Crescita zero nel secondo trimestre. Il Bollettino economico di Bankitalia fotografa un rallentamento dell'economia italiana, a causa della diminuzione della produzione manifatturiera e delle attività nel settore delle costruzioni. E' finito l'effetto del Superbonus e il Pil torna a muoversi intorno allo zero, dopo il generoso sostegno di Stato alle ristrutturazioni edilizie che…

(Adnkronos) – Crescita zero nel secondo trimestre. Il Bollettino economico di Bankitalia fotografa un rallentamento dell’economia italiana, a causa della diminuzione della produzione manifatturiera e delle attività nel settore delle costruzioni. E’ finito l’effetto del Superbonus e il Pil torna a muoversi intorno allo zero, dopo il generoso sostegno di Stato alle ristrutturazioni edilizie che ha ‘drogato’ i precedenti trimestri. Era un contraccolpo atteso ma i numeri dicono con chiarezza due cose: primo, l’ottimismo dei mesi scorsi va ricontestualizzato; secondo, le risorse del Pnrr sono indispensabili per poter contare su una crescita che non torni stabilmente troppo bassa. Lo stimolo ‘artificiale’ del superbonus deve essere sostituito dallo stimo strutturale dei piani legati al Next Generation Ue.  

 

I dati di Via Nazionale indicano che ”nel secondo trimestre la crescita del prodotto si è sostanzialmente arrestata”. E mentre ”l’attività è stata sostenuta dai servizi (soprattutto quelli turistico ricreativi)”, la produzione manifatturiera ”è diminuita, frenata in particolare dall’indebolimento del ciclo industriale globale”. Pesano, in particolare, le costruzioni perché “in attesa che lo stimolo derivante dal Pnrr si dispieghi pienamente”, l’attività ha risentito della “graduale attenuazione degli effetti degli incentivi fiscali legati al superbonus 110%”.  

 

Il pil dell’Italia dovrebbe crescere dell’1,3% quest’anno, dello 0,9% nel 2024 e dell’1% nel 2025. ”Il quadro macroeconomico continua a essere caratterizzato da forte incertezza, con rischi orientati al ribasso per la crescita”. Rischi, osserva Bankitalia, ”orientati al ribasso e legati in particolare all’evoluzione del conflitto in Ucraina e alla possibilità di un irrigidimento delle condizioni di finanziamento maggiore di quanto atteso”. L’espansione dei consumi delle famiglie, rileva Via Nazionale, “è proseguita a ritmi più contenuti. Gli investimenti sono frenati dall’irrigidimento delle condizioni di finanziamento e da prospettive di domanda meno favorevoli”. Nei prossimi trimestri, secondo Bankitalia, ”la ripresa risentirebbe dell’irrigidimento delle condizioni di finanziamento e della debolezza del commercio internazionale. Gli investimenti rallenterebbero, solo in parte sostenuti dall’attuazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”. 

 

L’inflazione sarebbe pari al 6% quest’anno e scenderebbe al 2,3% nel 2024 e al 2% nel 2025. L’indice dei prezzi al consumo “ancora elevato quest’anno, scenderebbe marcatamente nel biennio successivo”, riflettendo gli ”effetti diretti e indiretti del calo dei prezzi delle materie prime energetiche”. L’inflazione di fondo, attesa al 4,5% nella media dell’anno in corso, raggiungerebbe il 2% alla fine del triennio di previsione. I rischi per l’inflazione, precisa palazzo Koch, ”sono bilanciati e includono, al rialzo, una trasmissione incompleta della recente discesa dei prezzi dei beni energetici e, al ribasso, un deterioramento più marcato e duraturo della domanda aggregata; rimangono contenuti i rischi di una spirale salari-prezzi”. 

 

Buone notizie, invece, dal mercato del lavoro. ”L’occupazione continua a crescere” e ”ha superato i valori pre-pandemici”. ”La dinamica salariale si rafforza e aumentano lievemente i margini di profitto”. L’espansione del numero di occupati ”è proseguita” e il tasso di partecipazione continua a salire; mentre quello di disoccupazione è diminuito, collocandosi sotto l’8%. ”La crescita delle retribuzioni, intensificatasi per effetto del pagamento di consistenti arretrati dovuti ai ritardi nei rinnovi nel comparto pubblico, si rafforzerebbe nella restante parte dell’anno, pur rimanendo inferiore al rialzo dei prezzi”. (Di Fabio Insenga) 

 

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