Denaro contante, rapporti finanziari, immobili e possidenze mobiliari per un importo complessivo di oltre 4,3 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza di Bari all’avvocato Giancarlo Chiariello, che esercitava la sua attività nel capoluogo pugliese.
Gli investigatori hanno ricostruito il profilo di “pericolosità sociale” e individuato gli “asset” patrimoniali e finanziari riconducibili al professionista e ai componenti del proprio nucleo familiare, considerato di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati.
In particolare, l’uomo era stato indagato dalla Procura nell’ambito di un distinto procedimento penale per dichiarazione infedele, con riferimento al periodo tra il 2014 e il 2020. In quel caso era stato disposto a suo carico un sequestro preventivo di beni per oltre 2,9 milioni di euro. Ma l’approfondimento delle indagini ha fatto emergere che l’avvocato barese, per le annualità dal 2000 al 2020, avrebbe evaso l’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) per un importo totale di oltre 4,1 milioni di euro e l’imposta sul valore aggiunto (Iva) per un importo complessivo di oltre 2,1 milioni di euro, richiedendo ai propri clienti pagamenti dei compensi professionali in contanti senza dichiararli al Fisco.
Queste ipotesi sarebbero state confermate nelle stesse dichiarazioni rese dall’avvocato in sede di interrogatorio di garanzia, condotto a seguito dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce nell’ambito di un altro procedimento penale instaurato a carico del professionista, insieme ad altri, in cui era stato indagato per varie ipotesi di corruzione in atti giudiziari.
Nell’inchiesta era coinvolto anche l’ex gip del tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis anche lui arrestato all’epoca. A quest’ultimo l’avvocato avrebbe consegnato tangenti per ammorbidire le sentenze o addomesticare i provvedimenti “de libertate” a favore degli assistiti del legale.
In quella occasione l’avvocato Chiariello si era attribuito la paternità della somma di 1 milione e 115 mila euro in contanti, rinvenuta nell’abitazione del figlio, anche lui avvocato, dichiarando che si trattava dei “risparmi di vent’anni” derivanti da pagamenti dei clienti per l’attività professionale prestata.
Altro riscontro è arrivato dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, risultati essere clienti dell’avvocato, i quali hanno tutti riferito della prassi del professionista di ricevere somme in contanti. Circostanza, questa, che sarebbe avvalorata dal rinvenimento nell’abitazione del figlio di oltre un milione di euro in contanti abilmente nascosto e suddiviso in buste sottovuoto, che rispecchierebbe le modalità, descritte dai collaboratori.
Infine, a supportare il provvedimento di sequestro le risultanze delle indagini finanziarie e patrimoniali effettuate dal Nucleo polizia economico finanziaria di Bari, coadiuvate da una consulenza tecnica disposta dalla Procura della Repubblica di Bari. Il patrimonio di cui l’avvocato barese poteva disporre (anche indirettamente) sarebbe stato nettamente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati per tutto il periodo esaminato, 2000-2020, in quanto il nucleo familiare del professionista non avrebbe avuto, alla data di acquisizione dei singoli incassi né un’idonea capacità finanziaria, né la possibilità di contare su risparmi precedenti.