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Cottarelli al Libro possibile: «Il carbone non ha futuro. Sui vincoli alle banche si poteva fare molto di più»

«Non c’è altra via alla decarbonizzazione. Molto è stato fatto ma restano gli interventi più significativi. L’aumento dei tassi? La Bce finora ha fatto bene. Non sono convinto che quella europea non sia una inflazione dovuta anche da un eccesso di domanda». Carlo Cottarelli, economista, saggista, ex senatore e già direttore del dipartimento Affari Fiscali…

«Non c’è altra via alla decarbonizzazione. Molto è stato fatto ma restano gli interventi più significativi. L’aumento dei tassi? La Bce finora ha fatto bene. Non sono convinto che quella europea non sia una inflazione dovuta anche da un eccesso di domanda». Carlo Cottarelli, economista, saggista, ex senatore e già direttore del dipartimento Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale, sarà il protagonista stasera a Il Libro Possibile di Polignano a Mare. Il dibattito, al quale prenderanno parte anche Pierluigi Pardo e Dario Vergassola, partirà da “Chimere. Sogni e fallimenti dell’economia”, l’ultimo libro pubblicato dal professore. Dalla scommessa sull’ambiente ai rischi per il sistema economico mondiale; dalla sfida da vincere contro l’inflazione ai biocarburanti, nel saggio vengono passati in rassegna i grandi temi contemporanei sui quali i governi sono chiamati a dare risposte.

Professore, nel libro affronta anche la questione della decarbonizzazione su cui la Puglia sta investendo grandi speranze, soprattutto pensando alla centrale di Brindisi e al siderurgico di Taranto. Sbaglia?

«No. Oramai si tratta solo di andare avanti in questo percorso. Sono state fatte le cose più facili, ora è il momento di quelle più complicate. Cambiare il modo in cui si muovono le automobili così come intervenire sul riscaldamento domestico. La strada mi sembra tracciata».

Chi frena nel mondo l’addio al carbone?

«Il problema più grosso è dato dai paesi emergenti a reddito basso. Qui le emissioni continuano a crescere più di quanto diminuiscano in quelli avanzati. Il mondo nel suo complesso sta aumentando e non riducendo le emissioni di Co2, anche se più lentamente rispetto al passato».

È colpa dunque dei paesi emergenti?

«No, perché non dobbiamo dimenticare che la maggior parte della Co2 che c’è in atmosfera l’abbiamo emessa noi. C’è un conflitto molto complicato da risolvere».

L’Europa sta correndo troppo velocemente verso la sostenibilità, ad esempio nell’automotive?

«Sta facendo bene perché dobbiamo in qualche modo dare l’esempio. Emettere meno Co2 vuol dire anche ridurre l’inquinamento di polveri sottili che sono la disperazione, ad esempio, della Pianura Padana. Io sono di Cremona ed è la seconda città in Europa per le Pm10. È chiaro che è un cambiamento costoso e devono esserci sussidi statali ma non sono cose incompatibili con la nostra economia e la nostra industria. Si può fare».

L’altra faccia della medaglia, però, è che l’intero mercato dell’auto, fondato sul carburante, rischia di andare in crisi. Stellantis al Sud, in particolare in Basilicata, ha importanti insediamenti industriali.

«Non è un cambiamento che dobbiamo fare entro domani. C’è la scadenza del 2035 voluta dall’Europa, che potrebbe anche scivolare al 2040. Il tempo c’è, l’importante è fare le scelte giuste. Bisogna andare in questa direzione e non è vero che non ci sono le competenze tecnologiche per realizzarlo».

Il futuro è necessariamente a batterie?

«Non necessariamente bisogna passare all’elettrico. L’importante è che ci siano emissioni zero».

Fa bene l’Italia a difendere i biocarburanti?

«Meglio gli e-fuel tedeschi, tenendo conto che per produrli si assorbe Co2. I biocarburanti sono già qualcosa di diverso. Credo che, comunque, alla fine ci si metterà d’accordo perché bisogna andare avanti. Non ci sono alternative».

Si è fatto abbastanza per arginare lo strapotere della finanza?

«Si è fatto molto ma si poteva fare di più».

C’è il rischio che possa ripetersi nel mondo una crisi finanziaria come quella del 2008?

«È improbabile ma non abbastanza quanto mi piacerebbe».

Cosa si doveva fare che, invece, non è stato realizzato?

«In parte tornare a come faceva negli anni ‘80: certe cose le banche non le dovrebbero fare. Invece è rimasta l’impostazione che permette loro di fare tutto, purché abbiano un capitale sociale sufficientemente ampio per sopportare le eventuali perdite».

La Banca Centrale Europea sbaglia a voler alzare ulteriormente i tassi per contrastare l’aumento dei prezzi? Per la prima volta il governo italiano si è messo di traverso.

«Non credo che la Bce abbia sbagliato. Certo, se da 4,25 per cento porterà i tassi al 6 per cento ne riparleremo, ma fino ad oggi ha fatto le scelte giuste. Io non credo, come dice qualcuno, che la nostra non sia una inflazione da domanda, cioè dettata da un incremento repentino della richiesta di beni».

Però i prezzi stentano a scendere, a differenza degli Stati Uniti.

«Il tasso italiano di disoccupazione è il più basso dal 2007. Questo vuol dire che l’economia sta tirando. Erano più di quindici anni che non si vedevano questi numeri. Diverso sarebbe se fosse tutto fermo e aumentassero i prezzi. Quello che preoccupa la Bce è che l’inflazione di base, al netto dei prodotti energetici, continua ad essere alta».

Nel suo libro affronta anche il tema delle criptovalute. Dopo l’entusiasmo iniziale sembra un fenomeno in contrazione. Eppure sembrava potessero rivoluzionare il mondo della finanza.

«C’è stato senz’altro un ridimensionamento. Non è scritto, però, come andrà a finire. Il Bitcoin era arrivato a 60 dollari, ora è sceso a 28. Bisogna tener conto che alcune cose che prima non cerano oggi ci sono. Mi riferisco ai pagamenti digitali e all’euro digitale, per esempio. Le stesse cripto sono più regolate rispetto ai primi tempi. Non credo quindi che dobbiamo aspettarci una grande rivoluzione».

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