Mappare la struttura dell’universo e aiutare a comprendere la “materia oscura” e l'”energia oscura” è l’obiettivo della missione Euclid dell’Agenzia spaziale europea (Esa) alla quale collabora anche il gruppo di Astrofisica del dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi” dell’Università del Salento.
Il progetto è partito con il lancio del satellite su un razzo SpaceX Falcon 9 dalla Cape Canaveral Space Force Station in Florida, sabato 1 luglio 2023 alle 17:12 ora italiana.
Il gruppo dell’UniSalento è coinvolto da molti anni in questa missione, con la responsabilità della scrittura e del mantenimento dei software di riconoscimento di Sso (oggetti del sistema solare) nelle immagini acquisite dal satellite: il gruppo guida in questa specifica attività un team di ricerca che coinvolge tra gli altri l’Esa, l’Osservatorio astronomico di Nizza e l’Università di Helsinki.
Il gruppo è anche attivamente coinvolto nella ricerca di galassie di bassa luminosità superficiale, talmente fioche da confondersi con il fondo naturale dell’immagine, contribuendo sia con simulazioni che con appositi software di riconoscimento; queste attività ultime attività sono svolte in collaborazione con l’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) e l’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf).
«La missione Euclid è stata progettata per avere una stima accurata della quantità di materia oscura ed energia oscura, quest’ultima responsabile dell’espansione accelerata dell’Universo», ricorda il professor Achille Nucita, docente a UniSalento di Astronomia e Astrofisica. «Grazie alle caratteristiche della missione, Euclid permetterà di effettuare, oltre agli studi di cosmologia, anche ricerche note come “legacy science” , sulle quali è incentrata l’attività del nostro gruppo. La sequenza programmata di immagini acquisite in differenti bande si adatta bene, infatti, alla ricerca e caratterizzazione degli oggetti del sistema solare (anche noti come SSO)», spiega.
«Questi oggetti, osservabili in luce riflessa, appaiono muoversi su uno sfondo di sorgenti immobili o, se la loro velocità e particolarmente alta, inducono delle strisciature rilevabili nelle immagini acquisite. Ci si aspetta di osservare oltre 150mila nuovi oggetti (da SSO prossimi alla Terra a quelli posti fino all’estrema periferia del Sistema Solare), studiare le loro caratteristiche dinamiche, fisiche e composizionali e allertare altri osservatori quali il telescopio Vera Rubin», conclude.