Il tema della sicurezza tiene banco in città ormai da mesi, dopo l’implementazione dei controlli delle forze dell’ordine sul territorio e la visita del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che ha partecipato poche settimane fa al comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica in Prefettura.
Implementare i controlli è una misura sufficiente?
«Non è detto che la presenza delle divise rappresenti sempre un deterrente, soprattutto per la microcriminalità che non viene organizzata ed è quella che che aumenta la percezione di insicurezza, dato che impatta nell’immediato sulla vita dei residenti».
Cosa serve allora?
«L’aumento delle divise deve essere accompagnato necessariamente dalla prevenzione. Così come il Governo sta pensando di portare nelle classi le testimonianze delle donne vittime di violenza, dovrebbe farlo anche con l’educazione civica e con esempi concreti delle conseguenze delle azioni criminali sulla vita degli adolescenti. Ci sono poi altri fenomeni che andrebbero meglio analizzati».
Ad esempio?
«Per quanto riguarda lo spaccio, anche qui la presenza delle forze dell’ordine andrebbe implementata, ma serve la prevenzione nelle scuole, che sono piazze note. Questo è il compito dell’amministrazione e della Regione. Non può esserci solo l’azione repressiva, che va inoltre affiancata all’attività investigativa sul territorio, per permettere di portare alla luce tutte le trame che si nascondono dietro la criminalità. Questo non vale ovviamente solo per Bari, ma per tutte le città metropolitane».
Cosa può fare allora l’amministrazione?
«Prevedere degli investimenti forti e robusti con persone qualificate, le quali devono raccontare quali sono gli effetti economici e sanitari delle dipendenze, del gangsterismo metropolitano. Ed è un’attività che va coordinata tra Comune, Regione Puglia e Stato perché non coinvolge solo i residenti di Bari città. Infine c’è anche un tema legato alla povertà di ritorno. Con l’aumento delle situazioni di disagio sono tornati reati come le rapine a mano armata. Questi fenomeni si combattono solo con l’avviamento al lavoro e programmi di formazione di adulti e ragazzi coordinati a livello regionale».