La tecnologia irrompe nel mondo agricolo e una impresa su quattro del settore investirà nel 4.0 entro il 2024. Solo il 16 per cento, però, si è attivato per utilizzare le risorse del Pnrr. La metà punterà sul green ma non al Sud, dove la percentuale si ferma al 43 per cento. Sono solo alcuni dei dati emersi da un dossier realizzato dal Centro Studi Tagliacarne su un campione di 800 imprese agricole con almeno due addetti.
Emerge che la scarsità delle risorse finanziarie resta un ostacolo agli investimenti in tecnologie abilitanti avvertito particolarmente dalle imprese femminili del settore (49 per cento contro il 25 per cento delle aziende agricole complessive). Ma a creare maggiori difficoltà ad investire nella transizione digitale sono anche i costi troppo elevati delle tecnologie (23 per cento) e la scarsa informazione sull’iter per investire in tecnologie digitali (21 per cento).
Più nel dettaglio la scarsità delle risorse finanziarie è un ostacolo agli investimenti in tecnologie abilitanti avvertito particolarmente dalle imprese femminili del settore (49 per cento contro il 25 per cento delle aziende agricole complessive). Ma a creare maggiori difficoltà ad investire nella transizione digitale sono anche i costi troppo elevati delle tecnologie (23 per cento) e la scarsa informazione sull’iter per investire in tecnologie digitali (21 per cento). Un dato particolarmente interessante che emerge dallo studio è il fatto che molte imprese al Sud siano relativamente giovani, alla prima generazione.
A livello nazionale riguarda il 45% delle imprese mentre nel Mezzogiorno il 59 per cento. Le imprese agricole mostrano una maggiore capacità di fare network con gli altri attori della filiera: il 42% punta a favorire la partecipazione dei dipendenti allo sviluppo dei progetti di innovazione (contro il 37% di imprese industriali e il 32% di imprese terziarie); il 37% ad instaurare collaborazioni con le associazioni di categoria (contro 30% delle imprese industriali e il 31% delle imprese di servizi), il 35% a sviluppare partnership con altre imprese (contro al 30% delle imprese manifatturiere e il 25% di quelle di servizi); il 60% ad investire in capitale umano (contro il 51% delle imprese manifatturiere e il 45% delle imprese di servizi). Anche nella scelta dei propri fornitori la relazione stabilita nel tempo premia.
«Oltre la metà delle imprese agricole sceglie i propri supplier infatti in base alla fedeltà dimostrata – si legge nell’analisi del Centro Studi Tagliacarne-. Mentre per il 24% è determinante il binomio qualità/prezzo e per il 16% fa la differenza l’affidabilità del fornitore. Più dinamiche sulla capacità di fare network sono, in generale, le imprese giovanili, meno quelle del Mezzogiorno». Imboccare la strada della transizione green, comunque, non sembra preoccupare particolarmente le imprese del settore. L’86% delle imprese dichiara, infatti, l’assenza di particolari difficoltà all’introduzione di investimenti green nella propria attività. Maggiori problematicità si riscontrano in corrispondenza della ricerca delle figure professionali necessarie (12%) e dei costi di approvvigionamento delle materie prime verdi troppo elevate (10%). Mentre le risorse finanziarie sono un problema solo per l’8% delle imprese del settore.