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Un mese dalla tragedia di Torremaggiore: la città ricorda Massimo De Santis ucciso con la 16enne Jessica

La casa in via Togliatti in vendita. I bar, di corso Matteotti e via Sacco e Vanzetti, aperti. Il racconto della famiglia De Santis è tutto in questi due riferimenti: casa e lavoro. Una casa insanguinata, un lavoro sudato. A un mese dalla tragedia che ha sconvolto Torremaggiore la normalità è un velo che si…

La casa in via Togliatti in vendita. I bar, di corso Matteotti e via Sacco e Vanzetti, aperti. Il racconto della famiglia De Santis è tutto in questi due riferimenti: casa e lavoro. Una casa insanguinata, un lavoro sudato. A un mese dalla tragedia che ha sconvolto Torremaggiore la normalità è un velo che si stende sulla quotidianità di gesti di vita, inesorabilmente cambiata e maledettamente complicata dal fattaccio della notte tra il 6 e 7 maggio.

In via Togliatti, nel condominio-alveare, si scandiscono le giornate in affaccendamenti che vogliono essere anche “cura” per la memoria: chi continua a vivere in quel complesso residenziale – quasi periferico – di Torremaggiore si muove come se nulla fosse successo, eppure alle domande rispondono con una continua litania: «È stata una grande tragedia». «Nessuno se lo aspettava». «Tutto pareva normale». Vogliono create uno iato tra la quotidianità condominiale e la violenza di una tragedia che ha navigato fino all’altra sponda dell’Adriatico. Per poi ritrovarsi, ancora una volta, in chiesa per ricordare la morte di due persone.

Ieri è toccato suffragare Massimo De Santis, il 51enne titolare, con il fratello Pasquale, del Bar Jolly nel corso cittadino. «Mio fratello non meritava di morire così. Avrei preferito piuttosto che fosse morto in un incidente stradale o in altre circostanze, ma una morte così non la meritava», afferma il fratello Gianluca, il cui nome compare sul cartello di vendita dell’appartamento di via Togliatti, dove vive ancora la mamma, quasi ottantenne, che condivideva l’abitazione con il figlio Massimo. «Mia madre dal giorno della tragedia non esce più da sola da casa. Devo andarla a prendere al terzo piano ed esce dall’ascensore guardando fissa davanti a se, quasi a rimuovere l’immagine del lenzuolo bianco che copriva il corpo insanguinato di Massimo, riverso sul pianerottolo», dice ancora Gianluca.

Nella scala D di via Togliatti, civico 32, tutto pare normale. Sul citofono i nomi dei protagonisti della tragedia. Nell’androne tutto è in ordine e non ci sono riferimenti: dove c’era un telo insanguinato, ora il pavimento è lucido e una pianta adorna lo spazio. La cassetta della posta della famiglia Malaj piena di corrispondenza. Al primo piano – dov’è la casa della famiglia albanese – silenzio, interrotto dai lavori di ristrutturazione di un appartamento al piano successivo. Al terzo e ultimo piano, quello della casa di De Santis, ritorna il silenzio. Da un mese quella scalinata è un cimitero, dove il silenzio è l’unica concessione alla frenetica quotidianità di famiglie impegnate tra lavoro e faccende domestiche. Si scappa presi dalle giornate lavorative. Si scappa per non essere presi dalla nostalgia e dal ricordo di chi non è più e con il suo modo di fare animava quel condominio «Mio fratello era un tipo allegro, amava scherzare ed era sempre disponibile. Anche la sera della sua morte ha scherzato con i dipendenti prima di chiudere il locale e tornare a casa, dove avrebbe trovato una morte assurda», ricorda Pasquale De Santis cotitolare, con il fratello Massimo, del bar di corso Matteotti. «Poco dopo l’una e trenta aveva chiuso il locale ed è tornato a casa. Io lo avevo lasciato un’ora prima perché toccava a me fare il turno di mattina l’indomani. Le telecamere lo inquadrano seduto all’interno del bar che scherza con i dipendenti. È la sua ultima immagine. A me piace ricordarlo così: sorridente», conclude Pasquale De Santis. Ieri Bar Jolly è rimasto chiuso come un mese fa. Chiuso come il portafoglio delle persone che – come ha evidenziato l’avvocato Michele Sodrio – hanno praticamente disertato la raccolta fondi in favore di Tefta, la 39enne moglie di Taulant, e del figlio Leonardo di 5 anni, spettatore involontario della mattanza di via Togliatti.

Ha collaborato Maurizio Tardio

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