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Legge delega, il concetto di “forza maggiore” per chi non riesce a pagare

L’articolo 18 del disegno di legge delega introduce i criteri direttivi ed i principi specifici che dovranno indirizzare il Governo nella fase della revisione del sistema sanzionatorio tributario, specificandoli a seconda che si tratti di accise (comma 2), di violazioni in materia doganale (comma 3) che di violazioni relative a tutte le altre imposte (comma…

L’articolo 18 del disegno di legge delega introduce i criteri direttivi ed i principi specifici che dovranno indirizzare il Governo nella fase della revisione del sistema sanzionatorio tributario, specificandoli a seconda che si tratti di accise (comma 2), di violazioni in materia doganale (comma 3) che di violazioni relative a tutte le altre imposte (comma 1). Ognuna delle disposizioni meriterebbe particolare attenzione ma, in questa sede, ci limiteremo alla lettura della lettera b del comma 1, che espressamente – ed in modo quanto mai opportuno in un contesto di crisi economica come l’attuale – invita il Governo ad “attribuire specifico rilievo all’ipotesi di sopraggiunta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso” in relazione alle sanzioni penali.

Nell’ambito dei reati tributari, le condotte omissive sono punite a titolo di dolo generico: ciò significa che in caso di omesso pagamento delle imposte – al superamento delle soglie normativamente fissate – per la consumazione dell’illecito non è richiesta la volontà del soggetto ma è sufficiente la sua consapevolezza circa il mancato adempimento dell’obbligo di pagamento.

In assenza di una disposizione specifica, al fine di escludere la sua punibilità il contribuente può, genericamente, invocare il concetto di “forza maggiore” contenuto nell’articolo 45 del Codice penale. Si ricorda che, secondo l’interpretazione prevalente sul tema:

  • il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore;
  • la mancanza di provvista necessaria all’adempimento non può essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta imprenditoriale volta a fronteggiare la crisi di liquidità; non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento sia stato con-causato dai mancati accantonamenti e dal mancato pagamento alle singole scadenze. Secondo una giurisprudenza di legittimità decisamente “restrittiva”, la forza maggiore potrebbe essere invocata solo nelle ipotesi di mancanza del potere di scelta: la via che l’imprenditore percorre dovrebbe essere l’unica praticabile e, dunque, non sarebbe esente da sanzione il soggetto che decide di non adempiere all’obbligazione tributaria seppur per consentire la prosecuzione dell’attività dell’impresa, proprio perché il mancato pagamento potrebbe comunque essere considerato effetto di una scelta, così come la mancanza di liquidità sarebbe comunque da ricondurre al rischio tipico dell’impresa. Il richiamo espresso della Delega all’impossibilità sopraggiunta di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso eviterà il ricorso all’istituto della forza maggiore, e potrebbe portare ad un’applicazione meno restrittiva, non richiedendosi più l’impossibilità “assoluta” di provvedere ai pagamenti.

In ogni modo, anche dopo la riforma, sarà indispensabile per il soggetto che invochi la scriminante adempiere all’onere probatorio e di allegazione al fine di dimostrare che la mancanza di liquidità dipende da fatti non a lui imputabili e sopraggiunti, dimostrando anche di aver comunque cercato di far fronte alle difficoltà ricorrendo ad esempio, al credito bancario o alla dismissione di beni personali od aziendali (Cassazione sez III n.9209/23) e certamente potrà essere opportuno al fine di sostenere la mancanza di dolo, dimostrare di aver compiuto scelte “meritevoli”, volte a salvaguardare la continuità dell’impresa e del lavoro (Cassazione sez III n.6737/18) e non certo scelte di opportunità od arricchimento personale.

Fabiola Del Torchio è avvocata Fdt e presidente del Cat di Milano

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