(Adnkronos) – E’ vero, in Emilia Romagna sta cadendo una quantità di pioggia enorme, concentrata in pochi giorni e dopo mesi di siccità. E’ vero, il maltempo si sfoga con fenomeni atmosferici estremi prodotti da un clima impazzito. Ma non è vero che tutto questo non sia previsto e prevedibile. Che i morti e i danni giganteschi di queste ore siano anche il prezzo pagato a un rischio colpevolmente sottostimato da tutti, politica, imprese e opinione pubblica, è scritto non solo nelle alluvioni, negli smottamenti e nelle frane ma anche nella sostanziale impossibilità di arginare le ferite di un territorio reso troppo fragile dagli errori stratificati e dai ritardi accumulati nel tempo.
Non è solo l’emotività del momento a suggerire di ricordare che l’acqua distrugge dove ci sono argini insufficienti, letti di fiumi riempiti di cemento, intere aree disboscate, compromessi accettati per garantire il profitto facile di qualcuno, a fronte di infrastrutture idrauliche che sono troppo vecchie o che, semplicemente, non ci sono.
E’ tutto ben visibile anche nel Pnrr, il piano che al netto delle polemiche politiche dovrebbe fare dell’Italia un Paese diverso. Quando è stato scritto, si è partiti dalla banale constatazione che per decenni sono mancati i soldi necessari a mettere in sicurezza un territorio più volte martoriato dagli eventi meteo avversi. Oggi, paradossalmente, anche l’alibi dei soldi è caduto. Ci sono le risorse per intervenire, servirebbero solo progetti credibili e tempi di attuazione rapidi. Quasi 70 miliardi di euro del Pnrr sono stati stanziati per la tutela dell’ambiente e, di questi, 8,5 miliardi sono destinati al contrasto al dissesto idrogeologico.
Gli obiettivi indicati sono proprio quelli che servono a dare risposte a casi specifici, come quello di oggi in Emilia Romagna o quello della frana di Ischia dello scorso novembre o dei danni di Stromboli di questa estate: “la prevenzione e il contrasto degli effetti dei cambiamenti climatici sui fenomeni di instabilità idrogeologica e sulla vulnerabilità del territorio”. Si parla espressamente di interventi strutturali e non strutturali per la gestione del rischio di alluvioni e la riduzione del rischio idrogeologico. Ci sono anche 500 milioni per un sistema di prevenzione, che attraverso l’elaborazione e la gestione di dati può consentire di individuare e prevedere i rischi sul territorio.
La frequenza sempre più alta di eventi catastrofici impone una riflessione che aiuti a uscire dalla logica dell’emergenza, che serve a limitare i danni di una crisi, l’enensima, in attesa della crisi successiva. Il cambiamento climatico, che può negare solo chi è in malafede, non consente ulteriori ritardi che non siano una clamorosa ammissione di incapacità nel comprendere la realtà. Le risorse ci sono e il tempo per fare finta di niente, come dimostra il disastro di queste ore in Emilia Romagna, è finito. (Di Fabio Insenga)