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Pensione a doppia velocità: l’ultima idea di Tridico, presidente dell’Inps, lanciata da Bari

Il ruolo centrale dei migranti nell’equilibrio previdenziale ma anche l’ipotesi di una uscita anticipata “a due velocità” dal mondo del lavoro: incassando prima la parte contributiva della pensione e poi quella retributiva. Ha scelto Bari ieri Pasquale Tridico, numero uno dell’Inps, per tornare a parlare del delicato equilibrio generazionale italiano. L’occasione è stata una iniziativa…

Il ruolo centrale dei migranti nell’equilibrio previdenziale ma anche l’ipotesi di una uscita anticipata “a due velocità” dal mondo del lavoro: incassando prima la parte contributiva della pensione e poi quella retributiva. Ha scelto Bari ieri Pasquale Tridico, numero uno dell’Inps, per tornare a parlare del delicato equilibrio generazionale italiano. L’occasione è stata una iniziativa promossa dal dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Aldo Moro incentrata sul libro che ha scritto insieme a Enrico Marro per Solferino: “Il lavoro di oggi la pensione di domani”.

La proposta avanzata da Tridico è semplice: quando qualcuno esce con la quota contributiva, ad esempio a 63 anni, potrebbe prendersi soltanto la parte contributiva e a 67 anni la parte retributiva, quella che è chiamata pensione in due fasi. Una forma di “opzione donna” allargata a tutti i lavoratori ma con maggiori garanzie. «Oggi – ricorda Tridico in merito alla platea femminile – si può andare in pensione a 60 anni ma poi si perde tutto, a 67 anni non si ottiene la parte retributiva. Invece in questo modo si potrebbe pensare ad una pensione in due fasi». Un modo questo per il presidente dell’Inps per «sostenere la finanza pubblica e non gravare sui conti».

Se da una parte il sistema deve necessariamente rimettere mano al meccanismo delle pensioni, tenendo presente l’invecchiamento della popolazione, dall’altra è necessario incidere sulla nascita di opportunità per i giovani. «Bisogna pensare al lavoro – ha sottolineato Tridico – se c’è il lavoro ci sarà la pensione. Molti giovani – ha proseguito – sentono l’incertezza del lavoro piuttosto che della pensione, quindi sapendo che lavoro produce pensione in futuro, questa incertezza poi la ribaltano sulla pensione. Dobbiamo entrare nella consapevolezza che il lavoro nero, bassi salari, carriere discontinue, quindi precarietà, non garantiscono una pensione. Salari ben retribuiti, carriere continue e lavoro in condizione buone, danno una pensione in condizioni buone». Il presidente dell’Inps ha sottolineato il fatto che in Italia ci sono 3,2 milioni di lavoratori in nero, completamente esclusi dalle tutele ma anche esclusi dal sostegno al sistema contributo e fiscale. Un aspetto che, insieme ai ritardi del Mezzogiorno in termini di occupazione di donne e giovani, pesa come un macigno sulle prospettive del Paese. Nello stesso tempo l’invecchiamento della popolazione dovuto alla bassa mortalità ed all’allungamento dell’aspettativa di vita, richiede interventi immediatamente efficaci. A cominciare da maggiore apertura ai migranti. «È una strada che bisogna percorrere – ha sottolineato Tridico – come fanno tutti i paesi ricchi. I migranti sono una forza importante e la demografia non ha colore politico, non ha ideologia, è una scienza. E la scienza oggi ci dice che i nati sono 392mila all’anno, quando nel 1960 i nati erano un milione e centomila all’anno. Perché il 1960? Perché quelli nati il 1960 oggi hanno in media 63 anni e vanno in pensione in media intorno a quell’età, quindi le coorti nate a un tasso molto veloce. Entrano nel mercato del lavoro, invece, coloro che hanno 20-25 anni, quindi che sono nati nel 2000 a un tasso molto più basso. Quindi questi due tassi produce uno squilibrio. Di questo squilibrio ci dobbiamo occupare».

Le ultime previsioni sul futuro demografico del Paese realizzate dall’Istat, aggiornate al 2021, confermano la presenza di un potenziale quadro di crisi. La popolazione residente, infatti, è in decrescita: da 59,2 milioni al 1° gennaio 2021 a 57,9 mln nel 2030, a 54,2 mln nel 2050 fino a 47,7 mln nel 2070. Il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2021 a circa uno a uno nel 2050. Sul territorio entro dieci anni in quattro Comuni su cinque è atteso un calo di popolazione, in nove su 10 nel caso di Comuni di zone rurali.

Si punta anche sul Pnrr per dare all’economia lo sprint necessario per colmare i divari, come ha sottolineato ieri Pasquale Tridico. «Se il Pnrr riesce ad azionare, com’è possibile e come spero, investimenti e, quindi, occupazione incide sicuramente positivamente – ha sottolineato -. La parte negativa non la vedo: se funziona bene il Pnrr c’è soltanto da aspettarsi risultati positivi». Proprio ieri il ministro per il Sud Raffaele Fitto ha incontrato i quattro colleghi di governo Salvini, Giorgetti, Piantedosi e Valditara per fare il punto sui progetti.

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