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Il sogno dell’Uomo Ragno: «Vorrei portare un sorriso ai bambini ricoverati nell’ospedale di San Pio»

Nella sua Carapelle tutti lo conoscono ormai come lo “Spiderman di Quartiere”, per l’attenzione rivolta a chi è meno fortunati ed in particolare ai più piccoli; ma Francesco Tarantino si schermisce senza prendere la cosa troppo sul serio. Ha 19 anni Francesco e, come tutti quelli della sua generazione è cresciuto a pane e social.…

Nella sua Carapelle tutti lo conoscono ormai come lo “Spiderman di Quartiere”, per l’attenzione rivolta a chi è meno fortunati ed in particolare ai più piccoli; ma Francesco Tarantino si schermisce senza prendere la cosa troppo sul serio. Ha 19 anni Francesco e, come tutti quelli della sua generazione è cresciuto a pane e social. E alla domanda cosa voglia fare da grande, risponde deciso «Voglio continuare a fare Spiderman. Avevo solo 6 mesi di vita, quando il professor Vincenzo Jasonni e il dottore Alessio Piniprato mi hanno salvato la vita. Ora, anche se non potrò più rivedere il Professor Jasonni perché è da poco diventato un angelo, dopo 20 anni ritorno finalmente al Gaslini di Genova. Questa volta non ci torno da paziente, ma da eroe. Da Uomo Ragno: per dimostrare ai piccoli pazienti ricoverati, che non devono mai perdere la voglia di vivere e di lottare, e neppure il sorriso». E aggiunge: «Chi non ha provato sulla propria pelle il dolore fisico e la sofferenza della lunga degenza ospedaliera, non può capire infatti quanto sia importante anche il più piccolo incoraggiamento a non mollare».

E Francesco sa fin troppo bene, cosa voglia dire essere un “ammalato” che lotta per farcela, come lui stesso ricorda: «Avevo solo due giorni di vita, quando ho dovuto subire il primo intervento al Riuniti di Foggia, seguito – di lì a poco – da un secondo e poi da un terzo. Le cose però non si risolvevano e così dopo sei mesi di cure, che si erano dimostrate vane, mia madre decise di portarmi al Gaslini di Genova. Ci arrivai in condizioni disperate e fui urgentemente sottoposto ad un ennesimo intervento. Questa volta, finalmente, i medici riscontrarono che soffrivo di una patologia molto rara, che colpisce una persona su 5000. Si chiama Hirschsprung ed è una malformazione congenita dell’intestino inferiore. Ricordo benissimo quanto i primi sei anni della mia vita, siano stati segnati dalla sofferenza di questa malattia. Ma al tempo stesso, questo doloroso ricordo mi è di aiuto ancora oggi per gdere appieno dei momenti felici, che non do mai per scontati»

È vero che la storia della tua lunga malattia, si intreccia anche con il Santo di Pietrelcina?

«Se devo dirla tutta, mi ritengo un ragazzo miracolato perché la mia mamma quando ero ricoverato a Foggia, sognò Padre Pio. Il Santo le disse di non preoccuparsi, perché ce l’avrei fatta. Perciò se sono vivo, è grazie a mia mamma, alla volontà di Dio e all’impegno dei medici del Gaslini».

Ma perché tra la miriade di personaggi fantastici e supereroi la tua scelta è caduta proprio sull’Uomo Ragno?

«Ritengo che per i bambini di oggi, rispetto ad altri eroi, sia più facile identificarsi con Peter Parker (alter ego di Spiderman), alle prese con i suoi problemi adolescenziali come la scuola, i bulli, la famiglia. E anche il fatto che Spiderman indossi una maschera che gli copre totalmente il viso, aiuta molto nell’identificazione con il personaggio. Inoltre Spiderman è caratterizzato dal fatto di essere un eroe spiritoso ed ironico, che combatte “il Male” facendo battutine e prendendo in giro gli avversari. E questo tratto del personaggio, piace molto e non solo, ai più piccoli».

Da molti mesi fai visita ai piccoli pazienti ricoverati negli ospedali, ma io so che c’è un ospedale dove ancora non sei mai stato, che occupa un posto speciale nel tuo cuore, perché legato ad un sogno che vorresti realizzare…

«Come raccontavo prima, ho un legame spirituale molto forte col Frate di Pietrelcina. Alla mia nascita mamma mi aveva chiamato Rocco, in onore del nonno. Dopo “il miracolo” ricevuto, chiese mortificata a suo padre di potermi chiamare invece col nome del Santo e lui, ne fu felice. Ricevuta la benedizione del nonno, fui battezzato allora Francesco Pio. Mi piacerebbe perciò andare a Casa Sollievo della Sofferenza. Vorrei infatti attraverso la mia vicinanza ai giovanissimi pazienti ricoverati, ricambiare in qualche modo il grande dono della vita, che il Santo mi ha fatto da bambino».

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