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Mafia, in Puglia la situazione è «seria». Giannella: «Fondamentali spinte positive dalla società civile»

È una situazione «seria» quella che riguarda la mafia in Puglia. Lo ha affermato il coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Bari, Francesco Giannella, intervenuto al seminario su "Il ruolo del Terzo settore nel contrasto preventivo alle mafie e alla corruzione" che si è tenuto oggi nell'aula Starace dell'Università degli studi di Bari "Aldo Moro".…

È una situazione «seria» quella che riguarda la mafia in Puglia. Lo ha affermato il coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Bari, Francesco Giannella, intervenuto al seminario su “Il ruolo del Terzo settore nel contrasto preventivo alle mafie e alla corruzione” che si è tenuto oggi nell’aula Starace dell’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”.

«Basta guardare i dati sulla compenetrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico e sociale per accorgersi come, ai primi posti, ci siano le province di Foggia e della Bat. E anche quella di Bari non è molto lontana», ha detto Giannella pur riconoscendo che «le spinte positive della società però ci sono, e sono molto importanti. Provengono da associazioni antiracket, o dalla stessa “Libera”, e svolgono un ruolo fondamentale di sensibilizzazione e aiuto delle vittime di mafia».

La magistratura, ha proseguito, «ha chiaro che la criminalità organizzata non si può combattere solo in senso repressivo, con il lavoro di inquirenti e forze dell’ordine, ma anche in senso preventivo. E, soprattutto, c’è bisogno di accompagnare le vittime in un percorso di assunzione di responsabilità, di consapevolezza, permettendo loro di denunciare ma di non rimanere soli. In questo senso il processo Medioevo, sulla mafia di Vieste, è stato un esempio straordinario del lavoro di queste associazioni di affrontare i processi senza paura e senza rischi».

Giannella ha infine sottolineato «la consapevolezza dell’importanza della denuncia» che «deve prendere piede piano piano. Non è facile – ha concluso -, perché è una questione non solo giudiziaria ma anche culturale ed educativa. Ma bisogna essere ottimisti».

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