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Sciopero dei lavoratori della Bpb: «Dipendenti ignorati. Banca del Sud? Idea da rilanciare»

Sono scesi in piazza per protestare non solo contro il taglio degli stipendi, ma soprattutto per chiedere chiarezza sul futuro dell’azienda che al momento appare loro piuttosto nebuloso. Quasi 2.200 dipendenti della Banca popolare di Bari (Bpb) hanno incrociato le braccia ieri per il primo sciopero nella storia dell’istituto che conta 217 filiali tra Centro…

Sono scesi in piazza per protestare non solo contro il taglio degli stipendi, ma soprattutto per chiedere chiarezza sul futuro dell’azienda che al momento appare loro piuttosto nebuloso. Quasi 2.200 dipendenti della Banca popolare di Bari (Bpb) hanno incrociato le braccia ieri per il primo sciopero nella storia dell’istituto che conta 217 filiali tra Centro e Sud. Al loro fianco i rappresentanti dei sindacati che hanno proclamato l’astensione dal lavoro dopo mesi di trattative con Associazione bancaria italiana (Abi) e Medio Credito Centrale (Mcc), l’istituto che controlla la Popolare.

«Dopo anni di pesanti sacrifici, le lavoratrici e i lavoratori della Bpb meritano risposte sul fronte organizzativo e salariale, insieme all’indicazione di una chiara strategia per il rilancio dell’istituto», ha detto Susy Esposito. La segretaria generale della Fisac Cgil ha riacceso i riflettori su temi come recupero salariale, taglio dell’orario, organizzazione del lavoro e rilancio della banca. Da tre anni, infatti, il personale della Bpb è sottoposto a un pesante piano di risanamento economico, dopo la gestione dissennata degli scorsi anni che ha scatenato violente polemiche ed è ben presto finita nel mirino della magistratura. Il programma prevede il taglio del monte stipendi nella misura del 60%. Partendo da questo dato, i sindacati hanno chiesto un “alleggerimento” del contratto di solidarietà, poi l’innalzamento del contributo del fondo pensionistico integrativo fino al 5%, l’aumento del valore dei buoni pasto e la riduzione del tasso sui mutui concessi al personale. In cambio, però, hanno ricevuto timide aperture soltanto sui buoni pasto, con l’azienda che ha proposto di aumentarne il valore da 5,30 a 7 euro. Troppo poco per i sindacati che ieri sono tornati a sottolineare la necessità di un confronto: «Al momento non c’è alcuna idea di futuro – ha continuato Esposito – Al contrario il management sta svuotando la banca, accorpando filiali e proseguendo nella desertificazione e nell’abbandono del territorio. È una situazione insostenibile, l’idea di fare della Bpb la banca del Sud viene meno. Chiediamo con urgenza l’avvio di un confronto serio che garantisca una prospettiva all’istituto e dia finalmente risposte a lavoratrici e lavoratori».

Opinione condivisa dai vertici della Uilca Banca: «Le posizioni finora tenute dalla banca sono insufficienti perché non colgono il forte disagio di lavoratrici e lavoratori». Di qui la proposta «di un tavolo di confronto, se necessario anche permanente». Secondo Pasquale Berloco, segretario generale della First Cisl Puglia, la governance della Bpb ha finora mostrato «atteggiamenti di chiusura, gravemente irriguardosi dei sacrifici sostenuti per anni dai propri dipendenti e risultati decisivi per il salvataggio della banca». Ecco perché, secondo il segretario nazionale della First Cisl Riccardo Colombani, «il progetto di banca di investimento per il Mezzogiorno, attualmente in stallo, va rilanciato perché rappresenta un’opportunità importante per il territorio».

In attesa di una svolta positiva nel confronto tra azienda e lavoratori della Bpb, sulla questione è intervenuto Vito Bardi: «Mi attiverò immediatamente – ha fatto sapere il presidente della Basilicata – per convocare un tavolo congiunto con Puglia e Abruzzo ed essere concretamente vicini a cittadini, dipendenti e investitori».

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