«Sono inaccettabili i ritardi e le lungaggini nell’utilizzo dei fondi stanziati dal Governo». Con queste parole il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha bacchettato pesantemente le Regioni che, nonostante le lunghe liste di attesa che affliggono i loro cittadini, ancora non stanno utilizzando le risorse aggiuntive messe a disposizione del governo. Tra queste rientra anche la Basilicata, in un quadro generale a dir poco preoccupante in cui il 40% dei cittadini rinuncia alle cure proprio a causa dei tempi biblici per poter accedere ai servizi della sanità lucana (dati Agenas).
Michele Cataldi, portavoce dell’Unità di Crisi Sanitaria, ha raccontato i dettagli della situazione lucana: «La Basilicata lo scorso anno aveva avuto dal governo a disposizione circa 4 milioni e 600mila euro per contribuire alla riduzione delle liste di attesa. La Giunta, probabilmente a causa della sua scarsa conoscenza della reale situazione e delle dinamiche di funzionamento del SSR, ha pensato di suddividere in questo modo la cifra: circa 590mila euro alle strutture sanitarie accreditate e i restanti 4 milioni di euro alle strutture pubbliche», ha esordito Cataldi. Qual è stato il risultato? «Solo la quota destinata alle strutture sanitarie accreditate è stata utilizzata quasi per intero, contribuendo di fatto a ridurre le liste di attesa, mentre la maggior parte dei circa 4 milioni destinati alle strutture pubbliche non si sa bene che fine abbiano fatto e se effettivamente siano stati utilizzati per la riduzione delle liste di attesa».
Ma non finisce qui. Il governo nazionale, per cercare di rimediare a questa inefficienza, nel tentativo di non far andare persi i fondi stanziati, sempre nell’ottica di ridurre le liste di attesa, ha fornito alle Regioni ulteriori strumenti per poter rimediare e fare ammenda. «Ad oggi la Regione Basilicata non ha fatto nulla per ridurre le liste di attesa; i fondi restano ancora inutilizzati, costringendo i cittadini lucani, soprattutto coloro che non hanno adeguati mezzi finanziari, a rinunciare alla propria salute. E questa è solo una faccia della medaglia, l’altra è che ci sono strutture accreditate che potrebbero immediatamente erogare le prestazioni in attesa e che invece sono condannate da un provvedimento regionale che le costringe a lavorare 13 giorni al mese».
Da maggio, però, le strutture accreditate sono pronte nuovamente a consegnare le chiavi delle proprie attività al presidente lucano, Vito Bardi. Per Cataldi «la disorganizzazione diffusa, il mancato rispetto delle leggi e diritti negati, il regno della mala gestione non sono più tollerabili».