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Per Abel Ferrara è “l’uomo dei miracoli”, da “La Capa Gira” a “Lolita Lobosco: il mondo di Francesco Lopez

«Ho sempre scelto, per quanto mi sia stato possibile, che la mia base fosse Bari. E per Abel Ferrara io sono “l’uomo dei miracoli”». A raccontarlo è Francesco Lopez, produttore cinematografico barese doc. Lei è stato organizzatore generale nella seconda stagione di Lolita Lobosco. Se lo aspettava tutto questo successo? «Ci si aspettava un grande…

«Ho sempre scelto, per quanto mi sia stato possibile, che la mia base fosse Bari. E per Abel Ferrara io sono “l’uomo dei miracoli”». A raccontarlo è Francesco Lopez, produttore cinematografico barese doc.

Lei è stato organizzatore generale nella seconda stagione di Lolita Lobosco. Se lo aspettava tutto questo successo?

«Ci si aspettava un grande interesse, perché mentre giravamo la seconda stagione della serie sono andate in onda le repliche della prima, che hanno avuto uno share pari ad altre fiction uscite come prime time. Ma certo non ci si aspettava il boom e il record assoluto, perché fare il 33% di share come prime time è incredibile».

Ma come se lo spiega? Quale fattore secondo lei ha fatto leva sul pubblico?

«Luisa Ranieri è un’attrice che piace al pubblico, ma anche gli altri attori sono bravissimi e piacciono. Ci sono comicità e femminilità ed è un prodotto molto vicino alle persone: è un poliziesco che tratta di casi che avvengono per strada. Luisa Ranieri, poi, riesce a portare il pubblico dentro la fiction perché mostra i problemi di una donna dell’età di Lolita, ma soprattutto abbraccia quelli di tutte le fasce d’età».

Andando a ritroso, il suo primo lavoro è stato da aiuto regista ne “La Capa Gira”, ormai 23 anni fa. Cosa è cambiato nel frattempo?

«È totalmente cambiato il modo di fare cinema. È cambiato tutto con la nascita e con l’uso delle piattaforme, un fattore incrementato dalla pandemia. Si è subito avvertita la necessità di produrre più contenuti possibili e quindi si lavora in maniera velocissima, il ritmo è diventato molto più rapido. Ma il cinema era già molto veloce di suo, perché bisogna tenere tutto nei tempi».

La sua opera prima è stata “Da che parte stai”, nel 2010. Che esperienza è stata?

«È stato un film a basso budget, ma è stato un esperimento ben riuscito. Fare la regia è qualcosa che mi piace molto, ma la si fa quando si ha qualcosa da raccontare. Mi piace molto anche fare l’organizzatore o il produttore per altri registi. Quella è stata davvero un’esperienza molto bella».

Filo conduttore della sua carriera è Bari, che è anche la sua città di nascita.

«Ho sempre scelto, per quanto mi sia stato possibile, che la mia base fosse Bari. Sono molto affezionato alla città».

Cosa la lega principalmente a Bari?

«È la città in cui ho vissuto e in cui mi sono sempre divertito. Ho vissuto quasi tutti i quartieri della città: sono cresciuto a Madonnella, ho trascorso l’adolescenza a Carrassi e poi mi sono trasferito a Bari Vecchia. C’è stato qualche anno in cui sono stato lontano per lavoro, ma sempre “a intermittenza”: quando sono libero, raramente, torno sempre a Bari. E faccio di tutto per spostare i progetti a Bari. È una città, per girare, molto accogliente, le istituzioni sono disponibili e la popolazione accoglie bene le produzioni, anche perché il cinema porta pure risvolti economici positivi».

Dal punto di vista cinematografico, Bari è cresciuta molto negli anni?

«Sì, ora sono davvero tante le produzioni girate a Bari. Ma ce ne sono anche altre che vengono girate in città vicine come Trani, Giovinazzo o Monopoli, per esempio, che raccontano altre belle realtà della Puglia».

Tra le sue tante produzioni, quali sono quelle che le son rimaste nel cuore?

«Ogni progetto è stato bello, a cominciare da “La Capagira”, a cui sarò indelebilmente affezionato, perché è un film che abbiamo fatto proprio di pancia ed è stato un bel battesimo. Ma ce ne sono due in particolare: uno in cui mi sono molto divertito e che mi ha svezzato è “Tutto l’amore che c’è” di Sergio Rubini, al quale sarò sempre riconoscente perché mi ha fatto crescere tantissimo, e l’altro è “Padre Pio” di Abel Ferrara, che ha riconosciuto lo sforzo fatto con un budget basso e mi ha anche pubblicamente nominato “l’uomo dei miracoli”. Sono molto affezionato a lui e anche al film, che è molto interessante».

Quali sono, invece, i suoi riferimenti cinematografici?

«Mi piace il “New american cinema”, quel cinema molto politico degli anni Settanta con cui sono cresciuto grazie a mia madre cinefila, scoprendo una passione per i film musicali. Abbraccio tanti generi, ma mi piacciono molto i film lenti e lunghi. E comunque ci sono due grandi film che io osanno a capolavori assoluti: sono “Barry Lyndon” di Kubrick e “Apocalypse Now” di Coppola».

E ora a cosa sta lavorando?

«Adesso stiamo lavorando a una serie tutta in francese che abbiamo portato in Puglia, tratta dal film pluripremiato “Il profeta”. Ne gireremo qui il 75% e il restante 25 a Marsiglia».

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