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Polo oncologico di Trani, gli ambientalisti scettici: «Così si cementifica un’area naturalistica»

«Non contrari alla realizzazione della struttura ma vogliamo venga salvaguardata l’ultima area naturalistica della città», questa la reazione di alcune associazioni del territorio alla presentazione dello scorso 24 marzo a Palazzo delle arti Beltrani del progetto privato del Misericordia Cancer Hospital, il MI.CA.HO. A tutt’oggi resta un progetto sognato, immaginato e scritto, ma di concreto…

«Non contrari alla realizzazione della struttura ma vogliamo venga salvaguardata l’ultima area naturalistica della città», questa la reazione di alcune associazioni del territorio alla presentazione dello scorso 24 marzo a Palazzo delle arti Beltrani del progetto privato del Misericordia Cancer Hospital, il MI.CA.HO. A tutt’oggi resta un progetto sognato, immaginato e scritto, ma di concreto non c’è stato alcun processo a parte la conferenza stampa tenutasi alla presenza di giornalisti e istituzioni.

Un progetto – commissionato da Bernardo Ilgrande, Ceo di Ohpa e curato da Progetto Cmr, studio milanese di architettura – che si è presentato come l’ospedale tra i più tecnologicamente avanzati, capace di creare un indotto da 1,5 miliardi e creare 500 posti di lavoro. Numeri stratosferici che andavano a scontrarsi con un toponimo preciso: Boccadoro.

Il rendering della struttura sul mare è stato di grande effetto, lo stesso però che hanno provato le associazioni ambientaliste che hanno presenziato all’appuntamento in qualità di uditori, prima di riunirsi per rispondere pubblicamente al rischio di una struttura che potrebbe cementificare un’area di 70mila metri quadri a poche centinaia di metri dalla Vasca di Boccadoro.

«Riteniamo che i progettisti del polo oncologico, in totale sintonia con la logica di sostenibilità ambientale proclamata durante la presentazione, si cimentino con la stimolante sfida del riuso di spazi ed architetture più funzionali ponendosi come obiettivo il recupero dell’esistente e non l’ulteriore consumo di suolo», dice Claudio Di Cugno, referente unico di tutte le associazioni firmatarie: Legambiente, Delfino Blu, Tummà, Amici del Mare, Boaonda, Colore degli Anni, Arkadia e Libera Trani.

«Ci sarebbero molteplici occasioni di rigenerazione e bonifica dei luoghi per collocare l’ospedale oncologico con interventi su spazi precedentemente cementificati e poi dimenticati, così da poterli restituire alla pubblica funzione: dalla struttura dello psico-pedagogico tra Trani e Bisceglie alla ex Filatura o le decine di capannoni industriali e cave in disuso». Tra gli obiettivi di performance del polo oncologico spuntava quello potenziale relativo ai pazienti: 70mila in un anno. Un dato che lascia immaginare – tra familiari, pazienti, personale medico e logistica funzionale alla struttura – quale ricaduta di mobilità su gomma si possa riversare in suddetta area. «Se il progetto vuole essere la risposta concreta al bisogno insoddisfatto di cure oncologiche, allo stesso tempo l’area di Boccadoro vuole essere quell’area ecologica e naturalistica unica nel suo genere sul territorio cittadino, casa di numerose specie stanziali e migratorie. Un’area da tutelare unitamente al tratto costiero tra Trani e Barletta».

Da alcuni mesi il Comune di Trani, unitamente ad altre città, si sta attivando per l’istituzione di un ecomuseo nell’area di Boccadoro-Ariscianne. «Un polo oncologico in tale località si renderebbe incompatibile con il processo avviato di riappropriazione dell’area in favore della comunità e dell’ambiente. L’intero Consiglio comunale dovrà esprimersi per valorizzare il patrimonio collettivo della costa a nord di Trani».

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