Uno schema preliminare c’è già: prima lo sminamento del mar Nero da parte dei genieri turchi – un’operazione per cui potrebbe volerci un mese -, poi la scorta della Marina di Ankara ai cargo ancorati nei porti ucraini fino ad acque neutrali, con un centro di coordinamento e monitoraggio a Istanbul.
Questa la scommessa di Erdogan per sbloccare la crisi mondiale del grano arriva alla prova dei fatti. L’accordo di massima, limitato per ora a Odessa, sarebbe stato raggiunto da Mosca e Kiev con la mediazione turca, afferma il quotidiano russo Izvetsia, e finirà mercoledì al centro della visita del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov.
Se all’Ucraina venissero consegnati lanciarazzi multipli a lungo raggio, Mosca potrebbe colpire il cuore del potere di Kiev, prendendo di mira infrastrutture strategiche e istituzioni del governo. Dopo che anche il Regno Unito ha annunciato l’invio di missili con una gittata di 80 km per colpire in profondità le postazioni russe posizionando le batterie più lontano dal fronte, la Russia alza il tiro.
L’avvertimento è giunto dal capo della commissione Difesa della Duma, la Camera bassa, Andrei Kartapolov, citando tra gli obiettivi possibili l’aeroporto della capitale ucraina e la Verkhovna Rada, la sede del Parlamento. Convocato alla Farnesina l’ambasciatore russo Razov ha detto: «Respingiamo le accuse di amoralità di istituzioni e media», dice il segretario generale degli Esteri, che ribadisce la condanna italiana dell’ aggressione, e l’urgenza di un’intesa per sbloccare il grano. Ma l’ambasciatore insiste, e attacca la “propaganda ostile dei media” e “dichiarazioni inaccettabili di alti funzionari”.
Intanto la Russia ha iniziato a consegnare all’Ucraina i corpi di decine di soldati morti nella difesa dell’acciaieria Azovstal di Mariupol. I cadaveri dovranno ora essere identificati attraverso il dna, ha spiegato Maksym Zhorin, ex leader del reggimento Azov ora comandante di un’unità dell’esercito di Kiev. È un caso l’annullamento della visita del ministro degli esteri russo Lavrov in Serbia: «L’impensabile è accaduto«: così Lavrov ha commentato la decisione di diversi Paesi europei di chiudere i propri spazi aerei al suo volo, costringendolo a rinunciare alla prevista visita alla Serbia, Paese “amico” di Mosca. Per il ministro dell’interno serbo Aleksandar Vulin, «quelli che hanno impedito l’arrivo del ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov a Belgrado non vogliono la pace e sognano la sconfitta della Russia»