I casi di cronaca sono ormai all’ordine del giorno e restituiscono l’immagine di una giovane generazione incapace di gestire la violenza tra coetanei. E a essere interessate dal problema delle baby-gang non sono più soltanto le zone periferiche e disagiate della città: aggressioni fisiche, bullismo e insulti si verificano anche nella centralissima piazza del Ferrarese, punto di ritrovo nevralgico frequentato non solo dai più giovani ma da tantissimi cittadini e centinaia di turisti ogni giorno.
La situazione appare ormai fuori controllo, e si è tornati a parlare con insistenza di bande organizzate di ragazzi violenti, ma non sempre è così. Qualche mese fa, anche il Consiglio regionale della Puglia, su spinta del consigliere Renato Perrini presidente della Commissione criminalità, ha iniziato a indagare e studiare il fenomeno insieme a istituzioni, organi giudiziari e professionisti del settore dell’educazione per capire quali azioni mettere in campo per contrastare il fenomeno. Lo scenario che emerge non è dei più confortanti: a saltare è stato un intero sistema valoriale, insieme alle agenzie educative tradizionali a cominciare dalla famiglia, ma soprattutto la scuola. Il disagio minorile diventa sempre più spesso devianza, e porta non a vere e proprie baby gang, quanto ad aggregazioni di ragazzi che spesso, senza nessuna vera motivazione se la prendono con gli altri in modo violento e gratuito. Violenza che serve a emergere sui social, fare parte di un “branco” solo per riempire un vuoto di valori.
La “normalizzazione” del fenomeno, che quasi non fa più notizia data la velocità con la quale si susseguono gli episodi in città, porta con se una conseguenza anche peggiore. I casi che emergono e vengono segnalati alle forze dell’ordine sono meno di quelli che effettivamente si verificano. In tanti scelgono di non denunciare, soprattutto per paura delle ritorsioni. Anche se in questa direzione si sta muovendo qualcosa, come spiega il dottor Vito Procacci, direttore dell’unità di pronto soccorso del Policlinico di Bari. «Fino a qualche tempo fa i casi di violenza tra minori che non venivano denunciati e rimanevano nel mondo del “sommerso” erano molti dato che eravamo obbligati a segnalare alle autorità solo le prognosi superiori ai 20 giorni. Da qualche mese ci è stato chiesto espressamente da parte della questura di segnalare qualsiasi episodio riconducibile a minori, anche con un solo giorno di prognosi. Il rischio della sottovalutazione era concreto, ma le forze dell’ordine hanno fatto una vera e propria campagna di sensibilizzazione anche nei confronti dei presidi sanitari proprio per cercare di arginare il fenomeno – spiega Procacci – Noi abbiamo aderito con attenzione a questa richiesta per fare la nostra parte. È ovvio che purtroppo ci sono ancora tanti casi di questo tipo che non vengono alla luce, ma l’attenzione resta alta».