Scuola, università, ricerca, sanità. Infrastrutture (comprese autostrade e strade), assetto del territorio, ambiente (acqua). Ma anche energia, beni culturali, lavoro, previdenza complementare, immigrazione e coordinamento finanza locale. Sono solo alcuni degli interessi cruciali che sono in ballo quando si parla di Autonomia Differenziata: aspetti di rilevanza nazionale, un tempo a totale (o quasi) appannaggio dello Stato che, con l’attuazione della riforma voluta dal Governo, finirebbero nelle agende discrezionali della politica regionale. Con risorse differenti – cosa non secondaria – per ciascuna regione. È quanto emerso dal convegno ospitato nella sala del Tribunale della Dogana di Foggia, organizzato dalle associazioni “Capitanata.Neo” e “Foggia 5.0”, con un emblematico sottotitolo: “Pericoli da scongiurare e azioni da intraprendere”.
«Un’asimmetria che non ha nulla a che fare con la valorizzazione delle singole regioni – secondo Luca Bianchi, direttore generale della Svimez, intervenuto in remoto – e che andrebbe ad agevolare soprattutto quelle del Nord». Per il vertice dell’associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno, infatti, quello in corso non sarebbe altro che la riproposizione di un dibattito “scaduto” da vent’anni, a suo tempo avviato da Lombardia e Veneto allo scopo di trattenere in regione la quasi totalità del prelievo fiscale «In contrasto – come ha specificato Bianchi – con la Costituzione e in totale anacronismo con l’Europa che invece va verso l’aggressione delle diseguaglianze, come conferma il Pnrr».
Un problema di Lep, a dire unanime. Ossia: Livelli Essenziali di Prestazione, un parametro fondamentale in grado di definire in anticipo le risorse economiche utili per le singole aree. Qualcosa di cui si sa ancora poco, proprio come ha ammesso il presidente della Provincia di Foggia, Giuseppe Nobiletti, sindaco del Comune di Vieste. «L’unica cosa che si è capita – ha aggiunto – è l’insistenza da parte del Nord a realizzare questa riforma, tanto che ho il forte sospetto che ci rifileranno il “pacco”».
Gli standard minimi di prestazioni e servizi che lo Stato deve garantire – da definizione di Gianmauro dell’Olio, vicepresidente della Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera – riguardano cose concretissime come il numero degli asili nido da destinare a un determinato territorio, o i servizi dei disabili. Insomma, i “soliti noti”: istruzione e sanità. E che, anche con l’ultimo aggiustamento previsto dal disegno di legge, secondo il quale andrebbero indicati in anticipo con una previsione di spesa, non avrebbero comunque un esito migliorativo per le regioni in difficoltà, andando a pescare sempre nella cosiddetta “spesa storica”, nelle medesime risorse territoriali.
Il rischio, sintetizzando al massimo l’esito del convegno, è quello di mettere una pietra tombale sulle politiche di coesione. «Cristallizzando così – come ha chiosato il direttore della Svimez – il divario tra Nord e Sud».