Ho letto la “provocazione” di Ciriaco Viggiano “Qualcuno ha visto la destra?” e un brivido di amarezza ha percorso il mio animo: è stato un richiamo forte a farci riflettere su un tema che, con un po’ di vigliaccheria e un po’ di ipocrisia, molti di noi hanno inteso rimuovere decidendo di accettare la realtà di oggi.
Con rammarico non si può che dar ragione a Viggiano che ci pone di fronte all’assenza di una voce alta e forte di fronte alle storture che la sinistra infligge quotidianamente alla nostra regione e alle nostre città, delle quali si è impadronita ormai da anni, riuscendo peraltro ad assorbire personalità della destra che evidentemente non si sentivano più rappresentate come un tempo. Eppure la Puglia è stata a lungo il fiore all’occhiello della destra italiana! Altri tempi, quando i partiti erano ben definiti nelle loro identità, nei valori di riferimento e nei programmi, e riuscivano a formare una classe dirigente di tutto rispetto. Oggi il tema delle alleanze, divenuto necessario e funzionale per vincere le elezioni, ha indotto e induce a situazioni di compromesso che costringono talvolta a mettere da parte la cultura politica di provenienza, le battaglie ideali e persino principi fondamentali non derogabili. E la “rappresentanza” fa la sua parte.
Voglio essere chiara. Premesso che non intendo mettere in dubbio le capacità di Raffaele Fitto, mi riesce difficile – e vedo che lo è per molti di noi – pensare che la destra pugliese abbia lui come massima espressione. Ma con grande sincerità dico anche che la colpa è nostra e per molteplici cause. Non siamo riusciti a restare insieme per ridare vita a una destra sociale che operasse per mantenere alta la visione della questione meridionale come questione nazionale; che mettesse in primo piano l’attenzione nei riguardi di vecchie e nuove povertà; che prestasse attenzione a denatalità, crisi della famiglia, fragilità dei giovani e mancanza di lavoro; che, a fronte della crisi dell’Ilva, ponesse in primo piano il tema della partecipazione dei lavoratori a gestione e utili dell’azienda; che riprendesse le tematiche del regionalismo, così giustamente contestate negli anni Settanta dai nostri ottimi parlamentari, genuini visionari della politica, e proponesse una riforma costituzionale e istituzionale per ridurre il numero delle Regioni che sono state causa primaria di sperperi e mala gestio, con la pesantezza della loro burocrazia elefantiaca e la produzione continua di società partecipate.
Una destra libera, priva di condizionamenti esterni, con riferimento a situazioni italiane e di Paesi esteri, in primis l’America; una destra che operasse per un’Europa delle nazioni, capace di darsi una sua Costituzione. Giorgia Meloni è una donna politicamente preparata e capace, ma evidentemente vincolata da situazioni interne ed esterne dalle quali, con la sua tenacia, potrebbe anche tentare di liberarsi. Può essere veramente l’immagine credibile di una destra moderna lasciando all’antifascismo, ritornato di moda, il piacere di crogiolarsi nella retorica di una storia che taluni tentano di continuare a scrivere non avendo l’intelligenza, la capacità e l’onestà intellettuale per discernere il bene dall’oggettivo male, cioè a una sinistra convinta che gli italiani abbiano dimenticato Stalin, Togliatti, Tito, i fatti di Ungheria, le foibe e tanto altro. Ma torniamo alla Puglia. Speriamo che vengano fuori giovani con la passione per la politica, ma anche l’umiltà di prepararsi culturalmente e di trovare una chiara identità. Quelli come me non possono che avere rimpianti e bellissimi ricordi. Oggi sono un consigliere di minoranza della Fiamma Tricolore a Lecce e presidente di Io Sud, associazione che mi consente di affrontare con critica costruttiva il tema scottante dell’autonomia differenziata sostenendo, nel solco di Almirante e Romualdi e di tanti altri, che la questione meridionale si mantiene se si ha la consapevolezza che sia una questione nazionale.
Adriana Poli Bortone è presidente di Io Sud
Bentornato,
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