Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza mette a disposizione dell’Italia più di 200 miliardi, il 70% dei quali dovrebbe essere destinato alla transizione ecologica. Dobbiamo transitare da uno stile di vita insostenibile a uno in cui l’ecologia prevale. Ci stiamo accorgendo che se privilegiamo l’economia a scapito dell’ecologia, alla fine facciamo cattiva economia: deteriorare il capitale naturale non è un buon affare. Si devono sostenere costi che superano i benefici ottenuti. Basti pensare a quel che dovremmo spendere per Taranto, per non parlare delle vite spezzate.
L’uso dei combustibili fossili è uno dei più importanti, se non il più importante “posto” da cui dobbiamo transitare verso l’ecologia. Dobbiamo smetterla di bruciare cose: siamo ancora nell’era della combustione, come quando eravamo nelle caverne. La transizione ecologica ci dovrebbe imporre di utilizzare altre fonti di energia, praticamente inesauribili. Sole e vento, soprattutto. Dieci anni fa le tecnologie non erano ancora mature ma, sostenendo opportunamente l’innovazione, si fanno miracoli. E abbiamo i fondi per perseguirla.
In più c’è la guerra in Ucraina e Putin chiude i rubinetti. Dipendiamo dall’estero per produrre l’energia che ci serve. Dovremmo usare quella facilmente disponibile e le fonti sono ovvie: sole e vento. Il passaggio alle rinnovabili ci affrancherebbe da fornitori esteri, sarebbe una bella sanzione per Putin, e una grande occasione di migliorare il nostro ambiente. Contro ogni logica, invece, che facciamo? Decidiamo di trivellare i nostri mari per estrarre i pochi combustibili fossili che forse ci sono. Sappiamo che non risolverebbero il problema, se non per poco, e sappiamo anche che contribuirebbero a mantenere sistemi obsoleti di produzione energetica. Esponendo il nostro mare al rischio di incidenti e di impatti dovuti a queste attività.
Tutto ci dice che dobbiamo fare A, e noi che decidiamo di fare? Ma è ovvio: B! Questa decisione del governo centrale non solo va contro lo spirito del Pnrr, ma va anche contro le direttive europee che riguardano il mare, prima di tutto la Strategia Marina, che impegna tutti gli stati dell’Unione a lavorare per ottenere il Buono Stato Ambientale, con prescrizioni molto rigorose che vengono infrante con le attività estrattive. Ci sono i soldi per la transizione, ci sono leggi che ci impongono di agire in un certo modo, ci sono anche motivazioni geopolitiche che confermano queste scelte, e noi facciamo il contrario. Sinceramente non riesco a comprendere il significato di questa scelta. Dieci anni fa mi espressi a favore di Tap, e fui attaccato con scritte sui muri, tipo: Boero servo di Tap. Ritenevo che differenziare gli approvvigionamenti di gas fosse saggio, per non dipendere in toto dalla Russia, e ritenevo che il gas sarebbe stato utile per la transizione ecologica, per liberarci dal carbone prima di tutto, in attesa del passaggio alle rinnovabili. Non sono per il no a tutto. Se si dicono dei no, bisogna saper dire dei sì.
La Regione cerca di fermare questa scelta scellerata, valendosi di argomenti forti sul piano ecologico, geopolitico, economico e normativo. Ma pare che la difesa dell’ambiente non sia una priorità, come non lo è la transizione ecologica. Francesco, con Laudato Sì, chiede la conversione ecologica. Prima della transizione è necessaria la conversione. Il problema è culturale, e, purtroppo, la natura, entrata da poco nella Costituzione, non è ancora entrata nella nostra cultura. Il governo regionale, in effetti, questa cultura la possiede e si oppone a scellerate politiche nazionali. Non si tratta di destra o sinistra: la natura non è di destra o di sinistra. Se la distruggiamo, se la alteriamo troppo, danneggiamo prima di tutto noi stessi, inclusa l’economia, qualunque sia la nostra convinzione politica. Economia e ecologia non sono in contrasto, vanno assieme. Non dovrebbe essere difficile capirlo, e invece…
Ferdinando Boero è Chair alla Stazione zoologica Anton Dohrn e docente di Zoologia all’Università di Napoli Federico II
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