Traballano le poltrone dei dieci direttori generali delle Asl pugliesi, che rischiano di essere licenziati per effetto della legge taglia teste sulla spesa farmaceutica approvata un anno fa dal consiglio regionale. In base alla norma di aprile 2022, a firma di Fabiano Amati, consigliere regionale di Azione, all’epoca Pd, entro un anno dall’entrata in vigore i manager sarebbero stati sottoposti a valutazione sul fronte della riduzione della spesa per i medicinali.
Un tasto dolente che brucia ogni anno centinaia di milioni di euro mettendo a rischio la tenuta del bilancio pugliese e i margini di manovra in sanità, considerando il piano operativo, il quasi commissariamento imposto da Roma sulla Puglia. Sotto osservazione finiranno nelle prossime settimane tutti i Dg in carica, ad eccezione di Stefano Rossi, nominato nella Asl di nuova costituzione all’ospedale Vito Fazzi di Lecce e il commissario di Brindisi Giovanni Gorgoni nominato di recente. Sulla graticola, invece, Antonio Sanguedolce per la Asl Bari, Gregorio Colacicco a Taranto, Tiziana Di Matteo nella Bat, a Foggia Giuseppe Pasqualone, al Policlinico di Bari Giovanni Migliore, all’Ircss Oncologico Alessandro Delle Donne, al De Bellis di Castellana Grotte Tommaso Stallone.
La legge Amati prevedeva una serie di misure correttive da mettere in campo distribuendo l’attuazione fra più soggetti: il responsabile della spesa farmaceutica (incarico da attribuire), il direttore sanitario ed in ultimo il direttore generale. Le verifiche saranno concentrate sulle misure attivate dalle aziende sanitarie e sul loro grado di efficacia misurato bimestralmente nell’arco degli ultimi dodici mesi. Lo splafonamento della spesa, in pratica, sarà contestualizzato azienda per azienda valutando quanto è stato fatto in concreto per risparmiare sui farmaci e quanto, di contro, non è stato fatto ignorando le prescrizioni.
I dati del 2022, del resto, non lasciano spazi ai dubbi e sulla base di quanto stabilito fanno presupporre l’azzeramento delle aziende sanitarie. Lo spreco farmaceutico, infatti, l’anno scorso ha raggiunto quasi 200 milioni di euro, dopo i 220 del 2021 e i 264 milioni del 2020, il 50% dei quali sono ricaduti direttamente sul bilancio regionale. Nel 2022, in particolare sono stati spesi 849.327.756 euro per la farmaceutica ospedaliera, mentre il tetto prefissato era di 658.399.299 euro. In vetta alla top ten c’è l’azienda di Taranto che ha superato l’asticella del 35%, seguita da Brindisi a pochi decimali di distanza, dal Policlinico di Foggia 30%, la Asl Bari 29%, Lecce 27%, Foggia 26%, Policlinico di Bari 26% e Bat 25%. Quanto agli Irccs, invece, la percentuale più alta di scostamento è del De Bellis di Castellana Grotte (38,26%), seguito dal Giovanni Paolo II di Bari (3,63%). Meglio, invece, la spesa farmaceutica convenzionata, ossia quella delle farmacie, con uno scostamento di circa sette milioni di euro, l’1% in più del tetto prestabilito.
Entro fine aprile si saprà se cadranno le teste dei direttori generali anche se il loro destino, com’è ormai risaputo, dipenderà in ultima istanza dalle scelte della politica.