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2 giugno, W la libertà

Italiani, brava gente! Quando, a parole, si tratta di esternare il patriottismo, siamo insuperabili. Saranno le frecce tricolori che sfrecciano sull’Altare della Patria, sarà la voce rassicurante di Nonno Mattarella o, come direbbero i Ricchi e Poveri, sarà quel che sarà, di certo c’è che ad ogni anniversario nazionale ci facciamo trovare pronti e sull’attenti.

Anche ieri, settantaseiesimo dalla proclamazione della Repubblica, ci siamo distinti. Sui giornali, in tv e sui social è stato tutto un tripudio di auguri, di festeggiamenti e di bandierine sventolanti.

Questo incipit, così cinico, annuncerebbe un prosieguo polemico, esageratamente snob ed a tratti fazioso. Ed invece no. Certo non è tutto oro quello che luccica, certo tolto il Nonno il resto della classe politica non sempre è all’altezza della situazione, certo noi non siamo meglio di chi ci governa, eppure un “furor” di patria di questi tempi male non fa. Magari al netto di tanta inutile retorica, magari meno ingessato in riti e stilemi fin troppo ortodossi, magari meno marziale, ma l’idea di condividere una ricorrenza così importante – ripeto – male non ci fa. Anzi ci fa bene. Difendere un principio di fratellanza e sorellanza sotto un’unica bandiera è cosa buona e giusta. Ma lo sarebbe ancor di più con uno “ius soli” ormai legge dello Stato, con una vera parità di diritti tra donne e uomini, con un’attenzione scrupolosa ad alfabetizzare chi è rimasto indietro, con una lotta convinta alla precarietà sul lavoro che, invece, aumenta ogni giorno di più. Ecco, come sarebbe bello festeggiare l’anno prossimo con questi traguardi all’orizzonte.

Noi siamo una repubblica fondata sul lavoro e che ripudia la guerra. Noi siamo una repubblica nella quale a tutte ed a tutti devono essere assicurate le stesse condizioni di partenza.

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