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Lidia Poët non fu la prima avvocata italiana. I penalisti di Trani: «Errore di Netflix. Giustina Rocca simbolo di pari opportunità»

Quello di Netflix «è un errore» e «non c’è dubbio: l’avvocata Giustina Rocca è la prima donna ad aver esercitato la professione forense, agli albori del sedicesimo secolo». Ad affermarlo è l’avvocato Giangregorio De Pascalis, presidente della Camera penale di Trani, intitolata proprio a Giustina Rocca. Una puntualizzazione, quella dei penalisti tranesi, che arriva dopo…

Quello di Netflix «è un errore» e «non c’è dubbio: l’avvocata Giustina Rocca è la prima donna ad aver esercitato la professione forense, agli albori del sedicesimo secolo». Ad affermarlo è l’avvocato Giangregorio De Pascalis, presidente della Camera penale di Trani, intitolata proprio a Giustina Rocca.

Una puntualizzazione, quella dei penalisti tranesi, che arriva dopo le polemiche nate a seguito dell’uscita su Netflix della serie “La legge di Lidia Poët” ispirata, come si legge nella descrizione sulla piattaforma di streaming, «alla storia vera della prima avvocata italiana». La serie, in sei episodi, è diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire, è stata prodotta col sostegno di Film Commission Torino Piemonte e il patrocinio della città di Torino, in cui è interamente girata. La protagonista è interpretata dall’attrice Matilda De Angelis.

Dalla sua uscita non sono mancate le polemiche proprio sul fatto che, prima di Lidia Poët, la professione di avvocato sia stata esercitata da un’altra donna: la tranese Giustina Rocca.

E la Camera penale di Trani «rivendica con orgoglio ma senza polemica» il ruolo di Rocca che, spiega De Pascalis, «è un simbolo di pari opportunità e progresso, antesignano delle più moderne battaglie per i diritti alla parità di genere. È da considerarsi un faro primigenio per l’intera avvocatura tranese ed europea».

Tranese di nascita, intellettualmente e professionalmente Giustina Rocca può considerarsi progenitrice del foro di Trani: il suo nome è passato alla storia grazie ad un lodo arbitrale, reso l’8 aprile del 1500 nell’ambito di una controversia ereditaria sorta tra alcuni suoi nipoti che avevano interessato il governatore veneziano dell’epoca, il quale a sua volta l’aveva incaricata. Si tratta di una figura di straordinaria professionalità e scienza, tanto che si pensa che nell’opera “Il Mercante di Venezia”, William Shakespeare si sia ispirato proprio a lei per la caratterizzazione della sua Porzia.

«È documentato che Giustina chiese e ottenne la traduzione in lingua volgare dell’atto introduttivo e della sentenza di quel giudizio», chiarisce il professor Giuseppe Losappio, che, negli anni della sua presidenza, ha intitolato a Rocca la Camera penale di Trani. «È stato un progresso notevole sulla strada di quello che oggi chiamiamo “giusto processo” – aggiunge – perché la maggior parte del popolo non comprendeva la lingua latina nella quale erano scritti gli atti giudiziari dell’epoca».

A Giustina Rocca, ricorda inoltre l’avvocato De Pascalis, «la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dedicato la torre più alta, il Plesso C (tra le strutture di più recente costruzione del Palazzo di Lussemburgo), per ricordare le battaglie della donna a favore delle pari opportunità e, quindi, dell’accessibilità al diritto e alla giustizia da parte di tutti. Non possiamo, però, dimenticare l’importante contributo che Lidia Poët, prima avvocata dell’Italia Unita, ha dato alla nostra professione – conclude il presidente -: a lei e al lavoro del Collettivo Femminista di cui faceva parte si deve la legge del ‘19 che ha permesso anche alle donne di esercitare la libera professione».

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