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Stipendi, Italia a due velocità: a Milano 1.900 euro in più nelle buste paga, a Taranto 15 in meno

L’Italia corre a due velocità con differenze non solo tra Nord e Sud, che continuano ad ampliarsi, ma anche tra aree interne e non, tra metropoli e piccole comunità. È quanto si evince anche dall’ultimo report realizzato dal Centro Studi Guglielmo Tagliacarne sulle buste paghe degli italiani. In particolare, l’Istituto delle Camere di Commercio ha…

L’Italia corre a due velocità con differenze non solo tra Nord e Sud, che continuano ad ampliarsi, ma anche tra aree interne e non, tra metropoli e piccole comunità. È quanto si evince anche dall’ultimo report realizzato dal Centro Studi Guglielmo Tagliacarne sulle buste paghe degli italiani.

In particolare, l’Istituto delle Camere di Commercio ha realizzato un confronto tra il 2019 e il 2021, registrando come in 22 province su 107 gli stipendi siano inferiori al periodo pre-Covid. In queste aree un lavoratore dipendente ha perso in media, nel triennio, 312 euro, a fronte di una crescita nazionale di circa 301 euro. È l’allargamento della forbice tra le aree più ricche del Paese e quelle meno, però, a colpire maggiormente.

È come se gli stipendi “differenziati” degli insegnanti in base al potere d’acquisto, auspicate in un primo momento dal ministro Valditara, fossero già realtà. Ai primi posti ci sono Milano, Parma e Savona, con rispettivamente un incremento medio delle buste paga di 1.908, 1.425 e 1.282 euro.

Nel capoluogo lombardo i dipendenti sono quelli pagati meglio, con uno stipendio medio di 30.464 euro nel 2021, due volte e mezzo la media nazionale di 12.473 euro e nove volte più alto di quello di Rieti, all’ultimo posto in questa particolare classifica. Provano a difendersi le province pugliesi. Bari si colloca al 35esimo posto della graduatoria con un reddito pro capite che sfiora i 12 mila euro e un incremento delle retribuzioni del 3,7%. Seguono Barletta-Andria-Trani, 78esima con 7.500 euro e un aumento tra prima e dopo la pandemia del 2,7%. Lecce arriva all’86esimo posto con buste paga medie che sfiorano i 7 mila euro ma che sono cresciute solo dello 0,5%. Si sono “appesantite” le buste paghe dei foggiani, invece, dal 2019 al 2021: il reddito pro-capite è il più basso della regione e arriva a stento a 6.500 euro mensili ma è aumentato in due anni del 3%. Tra Foggia (97esima) e Lecce c’è Taranto (93esima). Il capoluogo ionico supera i 6.600 euro di retribuzione ed è l’unica pugliese in cui gli stipendi sono diminuiti, anche se solo dello 0,2% (circa 15 euro in media). Questi dati, ovviamente, vanno analizzati anche in virtù dell’inflazione che ha eroso pesantemente il potere d’acquisto dei dipendenti italiani nell’ultimo anno.

«Se confrontiamo la graduatoria del Pil pro capite (che misura la produzione della ricchezza, ndr) con quella delle retribuzioni – spiega Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne – vediamo che nel primo caso praticamente tutte le ultime trenta posizioni sono appannaggio di province meridionali, con la sola eccezione di Rieti, mentre in quella delle retribuzioni pro-capite troviamo ben 10 province del Centro-Nord, il che induce a riflettere sulle politiche dei redditi a livello locale». Il direttore del Centro Studi invita a una analisi che vada oltre la dicotomia Nord-Sud. «L’analisi dimostra che la geografia delle retribuzioni è diversificata territorialmente, e sotto vari aspetti non rispetta la tradizionale dicotomia Nord-Sud», conclude Gaetano Fausto Esposito.

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