Molto tempo prima che entrasse il vigore il codice rosso, si è consumato in un arco di tempo di sei anni, una brutta vicenda di violenza sessuale ai danni di una minorenne (all’epoca dei fatti). Una storia di foto compromettenti estorte con la minaccia, di video hard e di paura, di vergogna, per qualcosa che non ha colpe.
La vicenda inizia oltre sei anni fa, in un comune del barese, dove vive Antonella (ndr, nome di fantasia). Lei nel 2016 ha solo 14 anni e un giorno si accorge che il suo numero di telefono è stato inserito in un gruppo whatsapp dai contenuti hard. Decide quindi di uscirne, ma la sua presenza, sia pure per poco tempo, diventa il suo incubo.
Uno dei ragazzi (all’epoca dei fatti 25enne) inserito nel gruppo decide di agganciarla e le scrive in privato. Inizialmente è gentile, le chiede il perché della sua scelta, chatta per un po’ per guadagnarne la fiducia.
Poi le chiede delle foto nuda. Lei rifiuta, lui insiste ripetutamente, lui la minaccia di girare il suo numero di telefono a tutti i contatti, lei cede. E gli manda quelle foto.
Per qualche tempo lui si accontenta, poi ricomincia a minacciarla, chiedendole di inviargli un video nel quale lei si spoglia. Una richiesta davvero insostenibile per la ragazzina, che gli risponde negativamente. Ricomincia il tira e molla, le minacce si fanno più serie e, in qualche modo, fondate.
Le dice che se non avesse acconsentito, avrebbe diffuso le cinque foto di nudo, estorte qualche tempo prima. Ma la richiesta è davvero troppo per la 14enne, che sceglie di parlarne prima con le amiche e poi con i genitori.
Sono loro che la sostengono e decidono di denunciare il 25enne. Il fascicolo, per vari motivi, si trascina per anni, fino a quando non approda alla procura di Bari che, svolte le indagini, chiede il rinvio a giudizio del giovane, con l’accusa di pornografia minorile, uno dei reati finiti poi nell’ombrello della tutela imposta dal nuovo codice rosso.
Il 25enne, ora 31 enne, mai costiuitosi nel procedimento, viene rinviato a giudizio e ieri è iniziato il processo, nel quale si sono costituite parti civili sia la vittima (assistita dall’avvocato Piero Campanelli) che l’associazione a tutela delle donne vittime di violenza “Fermi con le mani”, rappresentata dall’avvocata Serena Zizzari.
Il processo è stato poi rinviato al 26 ottobre prossimo per i primi tre testimoni dell’accusa.